Cultura 10 Ago 2019 18:14

“LA VITA DE ‘NA VOTA”, IN UN FILM MEMORIE DI UN ABRUZZO MONTANO CUSTODE DI UN PATRIMONIO INVISIBILE

“LA VITA DE ‘NA VOTA”, IN UN FILM MEMORIE DI UN ABRUZZO MONTANO CUSTODE DI UN PATRIMONIO INVISIBILE

FAGNANO ALTO – Quando si decide di prendersi del tempo per ascoltare con il cuore le memorie di un qualcuno, accade come una specie di alchimia negli angoli del tempo: accade che la storia si fa presente, che i vicoli disabitati tornano a essere pieni di gente e che le porte e le finestre chiuse di un borgo spopolato d’improvviso si spalancano.

È quello che hanno provato il regista italo-inglese Julian Civiero e i componenti della Pro loco di Fagnano Alto (L’Aquila), associazione giovane e attiva del territorio, dove Virtù Quotidiane è tornato per raccontare qualche anticipazione sul film La vita de ‘na vota. Memorie di un Abruzzo montano, che sarà presentato in anteprima il 13 agosto nella bellissima cornice di Piazza della Chiesa, nella frazione di Ripa alle 20,30 e il cui dvd sarà in vendita per la realizzazione di progetti futuri.

Il film fa parte della seconda edizione del progetto della Pro loco “Il nostro territorio, conoscerlo per valorizzarlo” ed è stato realizzato grazie ai contributi della Fondazione Carispaq, al patrocinio gratuito del Comune di Fagnano Alto, attraverso una parte del ricavato del libro Aufenginum dell’archeologa Barbara Di Vincenzo e grazie ai privati, tra cui un ruolo rilevante è da attribuire a un cittadino fagnanese che vive in Svizzera, Nino Seri.

Il pretesto per realizzare questo film è stato ricordare, per lasciare alle generazioni future in senso di identità, le feste patronali, quelle che per tutto l’anno scandivano la vita di intere comunità che vivevano al ritmo naturale delle stagioni.

Chiamato dalla Pro loco che lo aveva conosciuto grazie al cortometraggio Il Giro del Musicante, Civiero coglie l’occasione al volo ma non solo. Coglie soprattutto l’urgenza della Pro loco di conoscere, sapere, scrivere, documentare testimonianze di persone che sarà impossibile raccogliere tra qualche anno e che porteranno con sé tutta l’autenticità di un racconto che può essere soltanto loro.

E in effetti il rimpianto è di non aver pensato prima, quando i paesi erano davvero attraversati dalla vita, a raccogliere frammenti di vita per ricostruire quella identità comune che ha rischiato di andare perduta per sempre.

La brutalità di questa realtà ha mosso il regista e la Pro loco di Fagnano Alto a raccontare in un film le storie di 33 persone, tutte nate negli anni a cavallo tra il 1919 e il 1959 e che, attraverso il ricordo delle feste patronali, hanno sviscerato momenti di vita vissuta, autentica, dura, difficile e straordinaria allo stesso tempo.

“Intervistate in punta di piedi per non disturbare, perché essere accolti nella loro casa significava entrare nei loro ricordi e quindi nelle loro vite”, spiega Civiero.

Uno spartiacque comune a quasi tutte loro è la seconda guerra mondiale, non il terremoto come si potrebbe immaginare, che compare solo come sfondo sfocato nelle loro emozioni attraverso le immagini di ruderi e macerie.

“Tutti raccontano l’esistenza di una comunità che supera i confini abruzzesi ma anche quelli nazionali diventando esperienze di tutta l’Europa”, continua Civiero, “perché le loro condizioni sono le stesse in cui versavano mia nonna che viveva a Roma ma i miei parenti inglesi che per vivere facevano i minatori”.

Un anno e mezzo di lavoro, fatto di 4.878 riprese, 450 ore di post montaggio, audio, regia, un lavoro mastodontico per 78 minuti di film con 1.001 inquadrature, alcuni numeri del film che hanno regalato ha chi lo ha realizzato la possibilità di raccontare i valori, i profumi, l’identità di un luogo.

“Una delle difficoltà più grandi è stata intervistare le donne. Gli uomini sono più semplici, si siedono su una panchina e raccontano. Eppure sono proprio le donne a dare la misura delle difficoltà e della rivoluzione che gli anni ’60 ha portato in Italia. Ci sono alcune riflessioni velate, nessuno lo dice apertamente ma tutti lo lasciano intendere: il progresso è stato enorme ma il prezzo pagato, in termini di amicizia, valori, identità, spopolamento, rottura di schemi secolari e famigliari è stato altissimo”, spiega Civiero.

Molti i passaggi emozionanti tanto che il regista ha deciso di intervallare alcune storie da momenti in cui i protagonisti diventano la natura e i suoi rumori, come a permettere allo spettatore di riprendere fiato perché alcuni temi trattati sono davvero duri.

Maria, l’unica ostetrica di Fagnano e Fontecchio, Giovanni, Evelina, Leucio, le loro sono storie commosse, buffe, emozionanti, amare, aspre e brulle, presentate in maniera onesta, senza sofisticazioni come le terre da cui provengono.

Civiero non ha voluto romanzare nulla perché, come dice lui stesso, “non è vero che si stava meglio quando si stava peggio. C’era mortalità infantile, fame, miseria, ma c’era anche amore senza scopo, aiuto reciproco, un’aderenza ai valori che permetteva di superare le difficoltà”.

E poi, c’era una cosa fondamentale: l’assenza della paura. O meglio, la presenza ferma e forte del coraggio per affrontare la vita con gioia e saper godere della sua bellezza.

Quella di Julian Civiero e della Pro loco di Fagnano Alto è una missione perché, come raccontano Cristina De Matteis e Katia Bertoldi, tra le maggiori estimatrici di questo progetto, “lo dovevamo a gente che ha veramente combattuto per il nostro territorio. Finalmente abbiamo dato loro il giusto rispetto e il tempo che meritavano e continueremo, come è nei progetti del Presidente della Pro loco di Fagnano Alto, Walter Franco Rosa, nella creazione di un archivio della memoria aperto a tutti e a cercare forme di promozione dell’intera Valle dell’Aterno anche all’estero”. Luisa Di Fabio

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