Fare impresa agricola in Puglia non conviene. Come riprendersi dal calo seguendo l’esempio virtuoso del Foggiano
di Serena Leo

BARI – In Puglia si registrano 2.233 imprese agricole in meno nel 2023 portando le aziende da 77.619 (novembre 2022) a 75.386. A parlare chiaro sono i dati diramati dalla Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) in collaborazione con Aforisma che tracciano un quadro non proprio roseo della Puglia agricola.
A risentire è quasi tutto il tacco d’Italia da Bari a Lecce dove il settore dell’ortofrutta, vitivinicolo, grano e anche dell’olio – nonostante l’ottima campagna 2023 – si registrano difficoltà e una gestione degli aumenti di costi non facilmente gestibili.
La contrazione del 2,9% però, sembra non coinvolgere la provincia di Foggia che vede nell’agricoltura una possibilità per sollevarsi da un passato sociale pesante e penalizzante proprio per il settore. Qui, a scegliere di avviare un’impresa agricola o di lavorarci all’interno, sono ben 32.705 unità a fronte delle precedenti 30.442.
I problemi che coinvolgono la Puglia agricola si trovano in diversi comparti. Si parte dall’ortofrutta che registra un aumento dei prezzi in tutte le fasi della filiera fino al dettaglio. Continuando con il prezzo del grano in caduta libera del 36% passando da un prezzo di 575,25 euro/tonnellata a 370,75 euro/tonnellata. Senza dimenticare il vino che, nel 2024, tra peronospora e cisterne piene ha fatto tremare i produttori piccoli e grandi. Insomma, un impasse fatto di aumenti che si abbattono in filiera, rendendo non più conveniente scegliere questo lavoro.
Sembrano essere lontani i tempi in cui in Puglia l’agricoltura, oltre a essere giustamente una risorsa, veniva paragonata ad ancora di salvezza per reinventarsi un lavoro e sfruttare magari, un’eredità terriera destinata ad esaurirsi. Ma cos’è successo e cosa è cambiato non è riconducibili a un unico fattore.
Secondo l’imprenditore agricolo e Presidente Regionale dei giovani agricoltori Cia, Guido Cusmai, la crisi e il conseguente cambio di passo dipende dalla mancata stabilità del mercato.
“Gli aumenti dei costi di gestione, la burocrazia crescente, la manodopera non sempre facile da reperire”, dice a Virtù Quotidiane, “ha creato problemi in aziende non strutturate che non sono riuscite a reggere il colpo. Ad aggiungersi ci sono le avversità meteorologiche sempre più complicate da gestire come siccità, piogge, grandine, tutto ciò che porta a sbalzi totali di produzione e cali che rendono ogni annata un rischio”.
A questo punto si finisce a parlare della fortunata campagna olearia 2023, ma non senza criticità in assoluto. “Il valore del prodotto è schizzato alle stelle da 50 euro al quintale e per le olive quest’anno si è raddoppiato fino ad arrivare a 140 euro al quintale. È una situazione positiva che permette finalmente, di toccare con mano il risultato degli sforzi fatti in passato. Questi prezzi però, sarebbero stati corretti già 5 anni fa poiché sforzi produttivi, di adeguamento della gestione dei campi agli standard europei, aumenti di acqua e altre risorse necessarie per assicurare il prodotto finito, hanno influito sul modo di fare impresa, penalizzando chi non è stato in grado di organizzarsi economicamente e per tempo – continua Cusmai – l’obiettivo è intervenire per mantenere questi prezzi e non solo, essere indipendenti dalle produzioni estere non solo quando gli altri sono in difficoltà, ma sempre“.
Restano ostacoli che rendono l’impresa agricola un’opportunità da non percorrere più o più di tanto e su questi, ora, bisogna intervenire nella maniera più giusta con azioni fattive e seguendo modelli già vincenti.
“Va detto che il mondo agricolo preserva ancora il suo fascino, però non bisogna dimenticare che siamo davanti ad un’azienda a tutti gli effetti, quindi l’impegno deve essere completo, non relegando queste faccende a mero passatempo. Non è più un universo familiare da liquidare con bilanci obsoleti, infatti richiede ricerca, investimento, conoscenza e liquidità di denaro. C’erano grandissime attese da chi questo mondo non lo conosceva e si pensava a un exploit in fatto di nascita di imprese agricole, ma chi ne aveva già a che fare ha pensato a come renderla durevole nel tempo. Il segreto è stato il perfezionamento di ciò che già c’era, aggiungendo aspetti innovativi, diversificando il business rendendo il consumatore l’attore principale, mentre il prodotto un fine che si concretizza solo dopo aver vissuto ogni fase che lo compone. L’esperienza oggi, è la chiave che porta l’impresa agricola ad avere successo. Andare in campo, vivere la vita di campagna porta a capire il prodotto, ad apprezzarlo e infine, ad acquistarlo. Deve cambiare il core business”.
Si pensi alle vendemmie sociali, alla raccolta in campo delle olive, tutte piccole attività che avvicinano e fidelizzano il consumatore stanco del classico bombardamento pubblicitario.
Invertire questo trend in discesa è possibile, ma tutto dipende da che testa ci mettiamo. Secondo Cusmai, che viene dal territorio del Foggiano, la ricetta vincente è fatta di tanti ingredienti.
“L’Italia e la Puglia mostrano un quadro frammentato dal punto di vista imprenditoriale. Ci sono troppe piccole imprese e poca aggregazione. Ecco, ne servirebbe molta di più per creare maggiore consapevolezza tra gli imprenditori giovani e meno giovani. Ad esempio con Apo Foggia siamo riusciti a unirci sotto il segno dell’olio, abbiamo dato ai nostri soci la possibilità di accedere a mercati interessanti con prezzi ottimali, indirizzandoli verso investimenti a medio e lungo termine per poter assicurare vita all’azienda. Questa è una scelta, però è necessario aprirsi anche alle nuove tecnologie, al mondo della ricerca e capire che il mondo è cambiato, così come il clima che incide su produzioni sempre più altalenanti. Riuscire ad assicurare il prodotto annualmente non è sempre facile, ma bisogna saper affidarsi a chi ne sa di più. In fin dei conti le scelte che si prendono a monte sono quelle che, in un modo o nell’altro, determineranno il futuro dell’azienda. Per questo è necessario che siano le più giuste“.
Il modello foggiano può essere una risposta se il territorio e le persone diventano il fulcro per rilanciare un territorio agricolo attraverso gruppi di produzione.
“Lo spirito innovativo, grandi cooperative, cantine hanno retto come realtà storiche, a cui si sono aggiunti altri elementi che hanno completato l’esperienza e hanno incuriosito il consumatore“.
Ma non è ancora abbastanza. Sebbene i numeri diano ragione a politiche di recupero della tradizione e della storia garganica, dauna e di Capitanata in generale, ancora c’è da fare.
“Abbiamo bisogno di strutture, invasi, buona logistica perché è la seconda provincia più grande d’Italia completamente scollegata. Il territorio ha bisogno di acqua e di strutture adatte a canalizzarla evitando dissesti idrogeologici importanti“.
Insomma, se fare impresa nel foggiano sembra essere un’opportunità, non è tutto oro quello che luccica. È importante mettere in piedi strategie nel lungo periodo per dare all’agricoltura e al suo universo imprenditoriale un’altra chance che possa fare gola anche a tutto il resto della Puglia.
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