Cronaca 20 Mar 2023 07:47

CAPORALATO E SFRUTTAMENTO, L’ABRUZZO DEL VINO SALVO GRAZIE AI COLTIVATORI DIRETTI

CAPORALATO E SFRUTTAMENTO, L’ABRUZZO DEL VINO SALVO GRAZIE AI COLTIVATORI DIRETTI

PESCARA – No al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura e in particolare nelle aziende vitivinicole. In Abruzzo il fenomeno non è diffuso come altrove, perché gran parte delle gestioni sono in mano a coltivatoti diretti, soprattutto nel caso in cui le estensioni dei terreni destinati ai vigneti non sono molto vaste e non si ricorre, quindi, alla manodopera esterna nei periodi di raccolta dell’uva.

Il Consorzio Tutela vini d’Abruzzo rassicura, comunque, la massima attenzione nella selezione e nella tutela dei lavoratori. Un buon esempio nella lotta al sommerso arriva dal Piemonte, dove il Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha messo in campo una serie di azioni per la gestione del lavoro in vigna.

Prima tra tutte, una rete fra i territori, in cui i lavoratori irregolari si spostano a seconda dei periodi dell’anno, per concordare politiche e interventi che possano dare risposte efficaci. Inoltre si punta a formare i futuri lavoratori e a collaborare con il mondo delle cooperative per garantire il rispetto delle norme e delle condizioni etiche di chi lavora nelle aziende e nei campi.

“Complimenti al Barolo!”, dice Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo. “Di sicuro è un’iniziativa lodevole, da seguire. Bisogna però fare una precisazione perché casi di caporalato, in senso stretto, nella nostra regione non si verificano. Fortunatamente abbiamo ancora delle gestioni di vigneti fatte da coltivatori diretti, che riescono a evitare casi di sfruttamento, anche nel periodo di raccolta dell’uva”.

In Abruzzo, secondo Nicodemi circa il 65-70 per cento delle aziende vitivinicole è gestito da coltivatori diretti, che generalmente non hanno bisogno di reclutare manodopera da terzi. Il restante 30-35 per cento, di dimensioni più grandi, nel periodo della vendemmia e dunque quando il lavoro aumenta, si affida a delle cooperative, che formano delle squadre di lavoratori occasionali, con contratti regolari, anche se a tempo determinato.

“In questo modo si evita il lavoro nero e per sopperire alla mancanza di manodopera, per la raccolta delle uve diverse aziende utilizzano le vendemmiatrici, delle macchine innovative, delicate sui grappoli e rispettose del terreno”, spiega Nicodemi.

Possiamo dunque affermare che il caporalato non è un fenomeno diffuso in Abruzzo, nel mondo del vino? Coldiretti e in particolare Pier Carmine Tilli, presidente provinciale di Chieti, rassicura: “In Abruzzo casi di caporalato, in senso stretto, ossia quella forma illegale di reclutamento e organizzazione della manodopera, in cui i cosiddetti ‘caporali’ assumono per un periodo più o meno breve lavoratori senza rispettare le regole, non si verificano, né nelle aziende vitivinicole, né in agricoltura, in generale. Ciò non significa” precisa, “che non ci siano forme di sfruttamento, che noi, come Coldiretti, combattiamo ogni giorno”.

Con la legge di bilancio 2023 è stata introdotta una nuova disciplina sperimentale per il lavoro occasionale in agricoltura con l’eliminazione dei limiti previsti e l’aumento del valore massimo di spesa per l’utilizzatore. Le imprese agricole che non occupano più di dieci lavoratori dipendenti a tempo indeterminato possono ricorrere alla prestazione per un massimo di 45 giornate lavorative effettive per ciascun lavoratore entro un limite di 10 mila euro per tutti i prestatori di lavoro impiegati. “Si tratta dunque di uno strumento in più, per gli imprenditori agricoli, che in questo modo possono avere una sorta di continuità produttiva ed evitare forme di lavoro nero”, spiega Tilli.

I dati forniti dalla Federazione lavoratori agro industria (Flai) Cgil regionale e nazionale in riferimento ai casi di caporalato in Abruzzo non sono aggiornati, visto che risalgono al 2013 e si riferiscono, in modo particolare, a tutto il settore agricolo. Sono, però, utili per fotografare la situazione sul territorio regionale. Le aree maggiormente interessate dalla piaga del caporalato sono quelle della provincia dell’Aquila e nello specifico Piana del Fucino, Avezzano, Celano, Luco dei Marsi, Pescina, dove vengono reclutati i braccianti agricoli, che nel 2022 sono stati 18mila in tutto il territorio regionale.

Secondo il contest risalente al 2013, nella Piana del Fucino, a fronte di un’occupazione che si aggira intorno alle 5-6mila unità, si registrano tra i 700 e gli 800 occupati o sottooccupati agricoli di origine straniera. In alcuni mesi dell’anno arrivano anche a 1.200 unità e le condizioni di lavoro sono differenziate. Chi arriva da più anni, in genere ha un contratto, altri no e vengono reclutati in maniera irregolare.

Ora, però, a distanza di anni, anche grazie agli strumenti offerti dalla legislazione, la situazione è cambiata. “Casi di sfruttamento e di caporalato non vengono denunciati per paura”, spiega Nadia Rossi, coordinatrice regionale Flai Cgil. “I dati non sono aggiornati, ma in generale, possiamo affermare che in Abruzzo il fenomeno di sfruttamento riguarda il Fucino, ma parliamo di agricoltura in generale. Nel caso specifico di aziende vinicole, nei vari territori regionali, dove comunque non vi sono grandissime estensioni, non si riscontrano casi particolari di caporalato, anche se alcuni casi di sfruttamento sì. Il fenomeno è comunque sommerso”.

Dal mondo del vino e in particolare dal Consorzio Tutela vini d’Abruzzo il massimo impegno a monitorare per evitare situazioni di criticità ed eventualmente sanarle, prendendo spunto proprio dalle rete messa in campo dal Piemonte.


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