DEBUTTA TERRE DEI VESTINI, MA L’ABRUZZO DEVE SMETTERE DI SVENDERE IL MONTEPULCIANO

PESCARA – “Non si può produrre niente che sia di eccellenza se non sia di un territorio che esprime eccellenza”. Sceglie le parole che gli ricordava sempre suo padre, Enrico Marramiero, il presidente della neonata associazione Terre dei Vestini, per spiegare il percorso che ha intrapreso insieme ad altri 20 produttori dell’area pescarese e che punta dritto verso una nuova Docg entro il 2024.
Ieri mattina c’è stato il battesimo ufficiale dell’associazione con un grande evento che ha visto la creazione di un gemellaggio ideale con il Barolo. Nelle meravigliose sale espositive dell’Imago Museum a Pescara, tra le fotografie di Joseph Beuys della mostra temporanea “Difesa della Natura | Facciamo Presto!”, dedicata al centenario della nascita dell’artista, ma anche a sostegno delle iniziative a difesa dell’ambiente, è andato in scena “Radici Vestine”, il primo incontro dell’associazione, sviluppato per presentarsi e per cominciare la narrazione della sottozona Vestina tra le più vocate per la produzione del Montepulciano d’Abruzzo.
Di fronte ai produttori delle Langhe, ai sindaci di alcuni dei 21 Comuni dell’area vestina, a giornalisti e ai rappresentanti del mondo vinicolo abruzzese, Marramiero ha raccontato cosa ha spinto i produttori a iniziare questo percorso.
“L’associazione è nata per arrivare alla Docg, ma anche perché crediamo che ci sia bisogno del confronto e della collaborazione tra i produttori. La creazione di una Docg serve a riportare l’attenzione sul territorio invece che sul vitigno. Pensiamo all’esempio del nebbiolo che prende il nome di Barbaresco o di Barolo, o al sangiovese che si declina nel Vino nobile di Montepulciano, nel Chianti o nel Brunello. È importante la Docg per far capire meglio al consumatore che dietro a un unico vitigno possono esserci tanti fenotipi. C’è poi l’aspetto dei disciplinari più stringenti – ha analizzato Marramiero – che per quanto non siano condizione necessaria e sufficiente per produrre qualità, sono un forte segnale sia per i produttori che per i consumatori. Infine, abbiamo bisogno di più Docg perché riescono a creare un insieme di produttori omogenei per interessi. Insieme è più facile ed efficace esaltare un territorio. Non servono fughe solitarie, ma siamo le facce di una stessa medaglia”.
L’evento, moderato dal giornalista enogastronomico Antonio Paolini, ha visto i saluti istituzionali del presidente della fondazione PescarAbruzzo, padrone di casa all’Imago, Nicola Mattoscio, del sindaco di Pescara Carlo Masci, del presidente della Camera di Commercio di Chieti-Pescara, Gennaro Strever, del presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo Valentino Di Campli e dell’assessore regionale all’Agricoltura, Emanuele Imprudente che ha ricordato “il percorso di riorganizzazione dei nuovi disciplinari, all’approvazione al ministero, che caratterizzeranno la viticoltura abruzzese nei prossimi 20 anni. Bisogna guardare alla ricchezza delle produzioni, per arrivare al giusto prezzo di un vino eccezionale come il Montepulciano d’Abruzzo. Il nuovo disciplinare darà una svolta su questa tematica”.
Trovare sugli scaffali di grandi supermercati o enoteche bottiglie di Montepulciano d’Abruzzo con prezzi tanto variabili (se ne vendono da pochi euro come da 50 euro!) evidentemente disorienta il consumatore e danneggia l’immagine della regione. A pesare è anche la discrepanza nel rapporto volumi-fatturato che c’è sempre stata. Negli ultimi due anni, secondo i dati del Consorzio Tutela vini d’Abruzzo, su valori e volumi nel canale Gdo e dei prezzi rispetto ai principali competitor, in Italia il Montepulciano d’Abruzzo ha registrato un +8% delle vendite a valore rispetto al 2019, una crescita del prezzo medio superiore al 4% e un +3,8% nelle vendite a volumi. La strada però è ancora lunga. Le Docg certamente aiutano, ma è impellente la necessità di tracciare una linea comune tra grandi gruppi e piccoli produttori per evitare che i primi fagocitino, puntando sulla mera quantità, il lavoro incentrato sulla qualità di produttori e piccole associazioni.
Il convegno ha visto poi gli interventi dell’agronomo Fabio Pietrangeli, del produttore Francesco Paolo Valentini e di Matteo Ellena della Cantina comunale La Morra, direttamente dalle Langhe. Intervento tecnico quello di Pietrangeli che ha tracciato un quadro dell’area vestina, per clima e territorio.
“L’area vestina è figlia di una grande Doc che è quella del Montepulciano d’Abruzzo (il cui vitigno conta 29 cloni) – ha ricordato – . In 50 chilometri si passa da zone all’altezza del mare, fino ai 1050 metri sul livello del mare sul Voltigno. Questa zona è equidistante dal Gran Sasso e della Majella e conta tre fiumi, il Tavo, il Fino e il Saline. La vocazione di questo territorio è data dal contesto agronomico e paesaggistico, dalla biodiversità, dalle caratteristiche pedoclimatiche, dalla storia vitivinicola, dall’alta professionalità delle maestranze e dallo spirito imprenditoriale dei produttori”.
Proprio sull’antica storia di questo territorio si è incentrato l’intervento del produttore Francesco Paolo Valentini, che ha anche annunciato la sua adesione all’associazione. “Nel 1500 a Montepulciano in Toscana esisteva il vitigno averusto, che poi ha preso due strade – ha ricostruito Valentini – . Quella del sangiovese a Montepulciano e quella dell’Abruzzo. A portare nella nostra regione l’averusto fu Francesco Medici. Qui cominciò una lenta evoluzione: del cordisco, tardivo e del premutico, più precoce. Il cordisco, nelle sue varie evoluzioni, ha poi dato luogo al montepulciano attuale. Come sono avvenuti questi incroci non lo sappiamo, ma probabilmente attraverso l’uomo, con innesti, ma anche casualmente perché è il territorio quello che marca. L’area vestina è un territorio straordinario, compreso tra Gran Sasso e mare Adriatico e non è un caso se negli anni ’80 Luigi Veronelli nella selezione delle migliori cru italiane inserì proprio la zona della futura Terre dei Vestini”.
L’evento è stata l’occasione per conoscere anche l’esperienza delle Langhe attraverso le parole di Ellena, presidente della Cantina comunale La Morra che riunisce 78 produttori. “Il nostro è un territorio con una storia vitivinicola lunga – ha detto – . Dal 2014 siamo patrimonio dell’Unesco. L’epoca d’oro del Barolo è cominciata dal 1870. La nostra forza è di avere tanti piccoli produttori che fanno qualità e che portano avanti in maniera forte l’identità territoriale e la volontà di mantenere radicata sul territorio la produzione. Le sfide del futuro sono impegnative e sono volte proprio a continuare a interpretare il Barolo secondo la sua identità”.
Il racconto di Terre dei Vestini è passato poi attraverso i calici. Nel pomeriggio, le sale del museo hanno accolto la degustazione dei vini dei produttori Vestini e dei colleghi delle Langhe.
Per le Langhe c’erano Domenico Clerico, Michele Mascarello, Alberto Burzi, Giovanni Corino, Alberto Ballarin, Giuseppe Ellena, Gianni e Matteo Ramello, Osvaldo Viberti, Flavio Saglietti, San Biagio, Il Chiosso, la Bioca, Christian Boffa e Aurelio Settimo. Per l’area Vestina: Azienda Marramiero, Cantine Bosco Nestore, Lampato, Tre Gemme, Chiarieri, Contesa Vini, Poderi Costantini Antonio, Marchesi de’ Cordano, Tenuta de Melis, Tenuta del Priore e Torre Raone.
Terre dei Vestini si sviluppa su 21 comuni per 2mila ettari di solo montepulciano (più 800 di uve bianche): Città Sant’Angelo, Elice, Picciano, Cappelle sul Tavo, Collecorvino, Montesilvano, Moscufo, Pescara e Spoltore che coprono 898 ettari; Loreto Aprutino, Farindola, Penne, Civitella Casanova, Montebello di Bertona su 518 ettari; Catignano, Civitaquana, Cepagatti, Nocciano, Pianella, Rosciano e Vicoli per 718 ettari.
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