DENTRO BIRRA DEL BORGO, DOVE MONDO BRASSICOLO ED ENOLOGICO SI TOCCANO CON UN DITO

BORGOROSE – A Spedino, frazione di Borgorose (Rieti), proprio al confine tra Lazio e Abruzzo, il birrificio Birra del Borgo apre le porte agli appassionati con gli “Off Topic”, tre appuntamenti dedicati, nell’ordine, a luppolo, cereali e lieviti, per avvicinare al mondo della birra, attraverso le degustazioni e la visita al birrificio, non solo gli addetti ai lavori ma anche a semplici curiosi e appassionati.
“Vogliamo essere sempre in contatto col territorio e con le persone che ci circondano e ci apprezzano. Gli Off Topic prevedono posti limitati per garantire la giusta cura e attenzione agli iscritti”, racconta a Virtù Quotidiane Giampaolo Marchi, amministratore delegato dell’insegna che dal 2016 fa parte di Ab InBev, multinazionale belga leader nel settore del beverage, mentre conduce il tour insieme a Samuele Rea, responsabile dei social media e della comunicazione, Cosimo Tizzani manager di salute, sicurezza e ambiente e Andrea Lecchini, agronomo e mastro birraio.
“L’educazione al gusto è un momento formativo e insieme divertente, è una formula alla quale crediamo molto. Dopo i primi due appuntamenti ci sarà l’ultimo dedicato ai lieviti il 17 dicembre e poi il prossimo anno riprenderemo con l’Oyster Day, l’evento dedicato alla nostra Oyster Stout prodotta con ostriche e telline, e con il BdB Day, evento ormai consolidato, che vede la presenza di diversi birrifici italiani e stranieri, con centinaia di birre alla spina, street food, prodotti del territorio, chef stellati e musica dal vivo”.
C’è fermento creativo, a Birra del Borgo. Si percepisce nell’aria, nei sorrisi e negli sguardi appassionati e intelligenti del team, che è di quelli vincenti: giovani professionisti che hanno voglia di sperimentare e mettersi in gioco e che sanno farlo con competenza e allegria nonostante alcuni delicati passaggi che hanno interessato l’azienda dopo l’acquisizione straniera, come il taglio del personale e la chiusura di alcuni locali a marchio.
Ogni fine settimana la squadra si riunisce per le sessioni di assaggio e per le sessioni di allenamento all’assaggio, guidate da Christopher Paiewonsky, ingegnere chimico responsabile del controllo qualità. È di qualche giorno fa la notizia di un premio (l’ultimo in ordine temporale) ricevuto dal birrificio: la Saracena ha vinto l’International Beer Challenge. È con lei che inizia proprio la degustazione del secondo incontro degli Off Topic, e Andrea racconta la nascita di questa birra: “All’inizio è stato davvero un esperimento estremo, come piace a noi, abbiamo giocato con un enorme quantitativo, in percentuale, di grano saraceno. Non era nemmeno birra, a dirla tutta, e in sala cotta si sentiva l’odore fortissimo erbaceo, quasi con punte di camomilla e con un’astringenza che arrivava subito. Ci piaceva questa sensazione quindi abbiamo deciso di mantenerla, ovviamente riequilibrando le parti, ed è venuta fuori una ricetta davvero interessante”.
È stato persino condotto uno studio, che ha visto collaborare Università della Tuscia e Avezzano Rugby, che ha dimostrato che i giocatori che hanno bevuto la Saracena dopo l’allenamento avevano un recupero più rapido di sali minerali.
L’utilizzo di prodotti locali, come il grano dei Piani Palentini, in questo caso, è un elemento costante delle produzioni del birrificio: nonostante la sperimentazione sia al centro del processo creativo a Birra del Borgo, la base essenziale di ogni birra è la scelta delle materie prime; i quattro ingredienti principali (acqua, malto d’orzo -o di altri cereali-, luppolo e lievito) sono sempre di alta qualità, anche quando ci sono aggiunte non convenzionali, come ad esempio la frutta o le castagne, e non territoriali, come addirittura le ostriche per la “Perle ai Porci”.
La ricerca sui lieviti è altrettanto fondamentale: è attivo in birrificio un laboratorio per il controllo costante della qualità e per lo studio delle varie fasi del processo di fermentazione e di azione dei lieviti e della sperimentazione sui lieviti indigeni in combinazione con quelli tradizionali. La Duchessa, ad esempio, è prodotta utilizzando il farro coltivato nell’omonimo territorio e nella Maledetta si ritrovano lieviti autoctoni provenienti dalle montagne intorno al birrificio. Così come la castagna, stagionalmente, si utilizza per la Castagnale.
Quest’attitudine alla contaminazione ha portato anche alla nascita di due birre uniche, nate dall’unione del mondo del vino con quello della birra, Equilibrista e Caos: durante il tour del birrificio, infatti, dopo aver visitato gli ambienti del ciclo di produzione della birra, dalla macinazione alla miscelazione, dalla filtrazione (il birrificio usa il filtro miscela di tradizione belga) alla bollitura, si entra in uno degli spazi più affascinanti, quelli occupati da grandi botti e barrique, che sono contenitori sicuramente insoliti per la fermentazione e l’invecchiamento delle birre, e da anfore di terracotta.
Birre come l’Equilibrista e Caos sono create con il mosto d’uva – Sangiovese per l’Equilibrista e Malvasia bianca per Caos – e accorciano quindi le distanze tra due mondi apparentemente distanti: “L’idea iniziale”, rivela Andrea, “è proprio quella di avere una birra italiana che potesse accompagnarsi ai cibi così come fa il vino. Ci aiuta anche la tecnologia: l’impianto è tutto costruito e pensato da noi, i programmi li abbiamo scritti noi, i macchinari sono specifici. Diciamo che ci siamo creati le macchine per poter fare quello che vogliamo!”.
Durante la degustazione, i sapori sono esaltati dai cibi che arrivano caldi dal bancone: dietro il birrificio, infatti, c’è un locale dal design giovane ed elegante in cui degustare, sul grande banco in ottone o sui divanetti (in estate anche all’esterno), birre e cibo di qualità.
“La degustazione è qualcosa di molto personale”, ammette Christopher, “l’analisi sensoriale serve anche per risvegliare i nostri sensi, tutti quanti e non solo vista, olfatto e gusto che facilmente leghiamo alle birre. La lingua, ad esempio, subisce il gusto ma anche il tatto: sentire la consistenza della birra, la densità, l’astringenza. E anche l’udito entra in gioco, nel momento in cui si versa o si stappa, i suoni ci dicono molto della bevanda che andiamo ad assaggiare”.
Un mondo interessante quello che viene fuori da questi incontri, un mondo in cui la cura del dettaglio è fondamentale, nulla è lasciato al caso: il birrificio, che nasce nel 2005, comincia la sua produzione con la ReAle, la DucAle e la Duchessa, ma oggi le birre sono molte di più, divise tra Classiche, Quotidiane, Bizzarre e Stagionali. E poi ci sono le birre fuori produzione, le “Lost & Found, perse per sempre o solo in attesa di essere ritrovate”.
“Siamo uno dei migliori birrifici italiani”, conclude Giampaolo, “e la AB InBev ha creduto in noi, nelle nostre competenze e nei nostri macchinari, investendo per sviluppare la produzione. Il nostro obiettivo è continuare a essere un birrificio di riferimento, in Italia e anche fuori, viste le numerose collaborazioni che da sempre abbiamo con l’estero, sia nel dettare degli standard di come deve essere una buona birra, sia nello scardinare quegli standard e creare e sperimentarne di nuovi”.
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