Cronaca 07 Nov 2024 13:08

Italia leader del vino ma non delle cantine più belle e accoglienti, cosa manca per essere nell’olimpo?

Italia leader del vino ma non delle cantine più belle e accoglienti, cosa manca per essere nell’olimpo?

LONDRA – Anche quest’anno si è conclusa l’edizione di World’s best vineyards, manifestazione che premia le cantine con la miglior offerta esperienziale. Un evento che celebra la bellezza e la cultura enologica valutando architettura, qualità di vigneti e vini, accoglienza e attività volte alla divulgazione del tema.

A fare incetta di premi nell’edizione 2024 è stata la Spagna che si aggiudica il primo posto con la Bodegas de los Herederos del Marqués de Riscal. Il colpo d’occhio riconduce immediatamente allo stile architettonico di Frank Gehry, architetto che ha progettato la sinuosa struttura che domina la regione della Rioja Alavesa. Si definiscono Città del Vino e mantengono la promessa garantendo una completa esperienza dedicata che vanta anche una Wine Therapy Spa e un ristorante il cui menu è opera dello chef Francis Paniego, due stelle Michelin.

Anche la seconda posizione, occupata dalla cantina Viña Vik della valle del Colchagua in Cile (nella foto di copertina), e la terza che ospita la sudafricana Creation rispecchiano appieno il concetto di esperienza totalitaria pensata appositamente per i wine lovers.

In tutto questo, dov’è l’Italia?

Nonostante gli ampi miglioramenti rispetto l’anno passato, le cantine italiane non riescono a entrare nella top ten delle World’s best vineyards. Sembrano lontani i tempi in cui la Cantina Antinori vinse il primo premio nel 2022. Questa volta sono sei le realtà nostrane che entrano nella lista: Tenuta Cavalier Pepe, Ceretto, Castello Banfi, Tenuta Castelbuono (Tenute Lunelli), Feudi di San Gregorio e Cantine Marisa Cuomo, ma ben lontane dal podio.

Si parla di aziende conosciute per la loro visione a 360 gradi del mondo del vino, ma a quanto sembra ancora non basta. A un paese come l’Italia, che ha fatto del vino un pilastro culturale e turistico manca ancora un quid in più per entrare nell’olimpo delle cantine mondiali.

Prendiamo come esempio l’attività italiana più alta in classifica, la Tenuta Cavalier Pepe. Leader mondiale a livello di ospitalità concede camere immerse nella natura dell’Irpinia e un ristorante di tutto rispetto. L’unica carenza è un’architettura a cui manca quel colpo d’occhio che ha fatto primeggiare a mani basse Marqués de Riscal.

Cambia il discorso se applicato alle cantine Ceretto. Qui il legame con la cultura e il territorio passa attraverso l’arte, con le celebri opere di Sol Lewitt e David Tremlett, oggi landmark a livello globale, e l’architettura, spostandosi dal Cubo di Castiglione Falletto all’Acino di Alba. L’impatto visivo c’è, la qualità del prodotto anche, e la proposta gastronomica è di tutto pregio. Ceretto è proprietaria del Piazza Duomo e della Piola di Alba con il tristellato Enrico Crippa alla Guida. Apparentemente sembra ci sia tutto il necessario, ma è forse quella nota acerba che segna da pochi anni il loro ingresso nel mondo dell’Hospitality a far attendere ancora un po’ prima della totale consacrazione.

Quello che si propone di fare la World’s best vineyards è premiare le cantine mondiali dove la totalità dell’esperienza si possa trovare nel medesimo luogo. I 36 esperti che hanno votato per stilare la classifica hanno dovuto tener conto di questi fattori e hanno premiato coloro che hanno saputo ricreare un mondo all’interno della propria azienda. L’Italia, con la sua cultura enogastronomica senza pari, ha cercato di offrire il meglio, focalizzandosi su certi aspetti e tralasciandone altri.

Ciò che è mancato è un’ottica totalitaria, come quella che ha sempre contraddistinto Antinori. Visionari del vino che hanno saputo conciliare bellezza, cultura e qualità sotto un unico tetto. Il tocco che manca oggi è la prospettiva di un’ospitalità che raccolga tutti questi aspetti univocamente. Non si può certo dire che le cantine italiane siano indietro rispetto al resto dell’Europa per quanto concerne il settore hospitality, ma fa riflettere l’uscita dalla classifica di importanti realtà come Ferrari Trento e Villa Sandi.

Tra passi avanti e uscite di scena, come spesso accade il giudizio è nelle mani di pochi. Possono essere una Wine Spa, la produzione di un vino olistico, la scelta di adottare una cucina vegetale o un’attenzione particolare alla sostenibilità a fare la differenza. Chissà che il prossimo anno non ci stupiscano dei colpi di scena inaspettati.

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