LA CASA DI CURA, IL BIRRIFICIO CHE HA LA GIUSTA TERAPIA PER OGNI PATOLOGIA

CROGNALETO – 2013, Senarica di Crognaleto (Teramo), quattro amici si ritrovano intorno a un tavolino a discutere di un progetto ambizioso, un progetto che già dalla scelta del nome, diventa anche divertente.
Così, Alfredo Giugno, Loreto Lamolinara, Luigi Recchiuti e Tonino Ventilii, guardandosi negli occhi con la consapevolezza di aver bisogno di una cura, fondano il birrificio La casa di cura, trasformando e adattando un vecchio confetturificio di proprietà di Tonino, uno dei soci. Dal nome è seguita tutta la filosofia, che comprende le etichette, i nomi delle birre e tutto quello che ruota intorno all’attività.
A novembre dello stesso anno viene prodotta la prima birra, la Tso, una Ipa che ha la caratteristica di essere mono-malto, mono-luppolo e mono-spezia, ma diversa ad ogni lotto. Ne esistono diverse versioni e stili, che la rendono un’idea ancor prima che una birra.
Arriva anche la seconda produzione, la Flebo, una brown ale in stile anglosassone che sarebbe dovuta diventare la “bionda” del birrificio, vista la bassa gradazione, e che nella sua versione gluten free sembra addirittura avere più successo dell’originale.
Senarica non è propriamente il posto più comodo dove installare un birrificio, maltempo, terremoto e logistica avrebbero scoraggiato chiunque, ma non i quattro soci che invece sanno cogliere il meglio di quello che la zona può offrire.
In un orto botanico adiacente la struttura coltivano molte delle spezie che impreziosiscono aromi e sapori delle loro birre, mentre le coltivazioni di frutti di bosco, una volta a servizio del confetturificio, oggi sono ingredienti imprescindibili per le loro creazioni.
Utilizzano la sorgente Mercurio, sui Monti della Laga a quasi 1800 metri di altitudine e che fornisce un’acqua purissima non clorata, con bassa durezza e povertà di calcare.
Ogni birra ha una storia e non poteva essere diversamente per la Tac, una saison di ispirazione belga, nata dalla collaborazione con un pub di Roma, Birra +. Il nome, sempre in linea con la filosofia dell’azienda, è dovuto a un aneddoto accaduto fra le due “cotte” della prima produzione.
Uno dei due titolari del locale romano, infatti, si è ritrovato in ospedale a causa di un infortunio domestico di rientro a casa. Nell’avvertire del ritardo i titolari del birrificio, il giorno dopo, ci tenne a specificare che avrebbe dovuto subire ben due Tac per degli accertamenti. Sembrò quindi palese l’intervento del caso per la scelta del nome che proprio la sera prima stavano cercando insieme.
Ne esiste anche una versione realizzata annualmente con la tecnica del dry hopping, luppolatura a freddo che dona alla birra profumi superiori e amari più delicati, la Tac+.
Un’altra collaborazione, stavolta con una beer firm della Capitale, Buskers Beer, porta alla nascita della Peacemaker, una scotch ale tipicamente scozzese, con aggiunta di malto peated, lo stesso utilizzato nella distillazione dei whisky torbati.
La Tripel., invece, prende il nome dallo stile di ispirazione belga e dalla tripelennamina, un principio attivo utilizzato in passato come antistaminico. Quando si scoprì che il suo effetto sedativo era più forte della sua capacità di contrastare manifestazioni allergiche, iniziò ad essere usato negli ospedali psichiatrici per calmare i pazienti durante i trattamenti. Quale spunto migliore per dare il nome a questa nuova creazione, realizzata secondo una originale ricetta monastica e personalizzata con miele millefiori, prodotto in arnie situate nei dintorni del birrificio.
La Santa Morte è una russian imperial stout dal vestito nero impenetrabile e la schiuma color cappuccino. Si presenta con tostature intriganti, speziature dolci, radice di liquirizia, fava di cacao e un amaro complesso e persistente, grazie anche all’uso di radici di genziana e foglie di tabacco Maduro. Nasce da una collaborazione con il birrificio messicano Tatuaje, con Opperpacco di Notaresco (Teramo) e con la beer firm di Lanciano (Chieti) Monsters Factory & Co. (ora Holy Wood).
Nel 2106 Luigi Recchiuti decide di uscire dalla società per dedicarsi a pieno alla gestione dell’altro suo birrificio Opperbacco, che nel frattempo è cresciuto e ha bisogno di maggiori attenzioni.
Lo spettacolo in Casa di cura va avanti e le sperimentazioni non possono fermarsi per una realtà piccola, ma dinamica, sempre alla ricerca di sensazioni ed emozioni da donare attraverso la sapiente mescolanza di luppoli, malti, spezie o frutta, per fare del cambiamento un elemento distintivo e riconoscibile. Ne è la dimostrazione la Tso con le sue continue trasformazioni ed evoluzioni.
Nuova gestione, stessa passione dei tre soci che firmano la ricetta della prima birra del nuovo corso, la Neuro, una irish dry stout con base solida e una personalizzazione per seguire le più svariate direzioni.
Vengono create così molte sue varianti, la Sali e tabacchi con sale marino in fiore e tabacco toscano, la After Eight con menta e cacao della Centini Chocolate di Bisenti (Teramo), la Latte e caffè con lattosio e miscele della Caffè Benitez, torrefazione artigianale della provincia di Teramo e tante altre.
Sempre presenti, in provincia di Teramo, ai Festival delle birre di Castellalto e Civitella del Tronto, al Festival delle birre artigianali delle colline teramane di Notaresco, inoltre, in tutta Italia al Beer Attraction di Rimini, allo Spring Beer Festival di Roma, al BeeRiver di Pisa e da quest’anno anche al Beer Bubbles Festival delle birre artigianali di Palermo.
In programma per l’estate un nuova e più “fresca” variante session della primogenita Tso, in attesa chissà di una birra alla castagna, magari in concomitanza con la famosa sagra che si tiene proprio a Senarica.
A breve un restyling delle etichette e la creazione di un piccolo laboratorio interno per effettuare analisi più rapide sui processi di produzione.
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