L’ANTICO MULINO DI CIVITARETENGA REQUISITO DAI TEDESCHI IN GUERRA, TEATRO DI LEGGENDE E MIRACOLI

NAVELLI – Un luogo intriso di storia, ricordi e leggende, testimone indiretto di una civiltà contadina che all’epoca considerava il mulino del paese quale centro di ritrovo e aggregazione, lavoro e condivisione, preghiera e svago, un bene collettivo presso il quale trasformare in pasta e farina i frutti della fatica sui campi di cereali.
È l’antico mulino di Civitaretenga che sorge da quasi un secolo ai piedi del colle dove è arroccato l’antico borgo fortificato del comune di Navelli (L’Aquila).
Cessata l’attività del pastificio a vapore De Martinis, il mulino venne edificato dal signor Nicola Gentile nel lontano 1925, al lato della vecchia strada, la più lunga del Regno di Napoli, fatta costruire da Federico II per collegare il contado dell’Aquila con Napoli, quella che oggi è conosciuta come la strada statale 17.
Crocevia di storie e vicissitudini in tempi di pace e in tempi di guerra, dai tedeschi che requisirono il mulino durante il secondo conflitto mondiale ai miracoli della Madonna dell’Arco che attirava viandanti provenienti da ogni dove, il complesso antico di Civitaretenga, che oltre al mulino comprende una casa dell’epoca disabitata, una piccola chiesa e i ruderi di una vecchia stalla bombardata durante la seconda guerra mondiale, andrebbe riqualificato quale luogo di storia e cultura.
Questa è la speranza del nipote omonimo di Nicola Gentile che guida Virtù Quotidiane nelle stanze delle macine a pietra, ristrutturate di recente insieme al casale di circa 700 metri quadri, mentre racconta capitoli di un romanzo che andrebbe rispolverato “non per questioni di capitale – dice – ma di memoria”.
Accanto al mulino sorge una piccola chiesa dove si narra di un’apparizione giunta in sogno ad un pittore napoletano che sostava nottetempo nella taverna che il Principe del Pezzo aveva messo a disposizione dei viandanti di passaggio diretti verso L’Aquila.
Con alcuni pistilli di zafferano usati come pennelli, il napoletano, all’indomani del sogno, dipinge sulla parete della stalla l’effige della Madonna dell’Arco che ancora oggi viene celebrata dalla comunità di Civitaretenga con una processione verso la piccola chiesa chiamata della Madonna Rossa dello zafferano.
Il mulino non era frequentato solo dai paesani e dagli agricoltori della zona ma anche da tanti viaggiatori attratti dall’immagine sacra e dai miracoli che la Madonna sembrava elargire a piene mani.
“Il mulino è rimasto attivo fino al 1985, dopo mio nonno, venuto a mancare nel 1936, l’attività venne ereditata da mio padre – racconta Nicola – . A metà degli anni Ottanta non c’era più la necessità di macinare le farine, dal granturco alla segale, ceci, avena e orzo. Il pane si cominciava a comprare nei negozi e con l’avvento dei mulini a cilindro la concorrenza era diventata insostenibile, anche perché i grossi latifondisti consegnavano le farine direttamente nelle abitazioni, per questo l’attività dovette chiudere”.
Nicola ha tanti ricordi di bambino: “Ho trascorso anche alcune notti sui sacchi di grano in attesa che i contadini venissero a ritirarli. Negli anni Cinquanta il mulino era sempre in azione, a volte fino a notte fonda per soddisfare le numerose richieste dell’utenza”.
“Una confusione continua di gente – ricorda Nicola – le persone si fermavano a mangiare, trascorrevano al mulino intere giornate, si parlava, si giocava a carte tra una macinatura e l’altra, si facevano sempre nuove conoscenze”.
Il mulino era importante per l’economia della collettività agricola, tanto che “quando nel 1943 arrivarono i tedeschi lo requisirono costringendo i miei genitori a trasferirsi in paese ma concedendo la possibilità di continuare a macinare durante il giorno”.
Fortunatamente, dopo la ritirata, i tedeschi andarono via e con essi anche la necessità di trasformare direttamente i grani soppiantata da una società già in cammino verso il benessere.
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