LE “PAROLE ARSE” DI ALESSANDRO CIAMMETTI PER RACCONTARE LA VITTORIA CONTRO IL TUMORE

L’AQUILA – “Conviviamo. Questo le dissi e su questo equilibrio siamo andati avanti e nonostante qualche cedimento e arbitrio del mio ospite, e forse anche mio, andiamo ancora. Fino a prenderci l’alba trascinando ancora i lividi del tramonto”.
Così scrive l’aquilano Alessandro Ciammetti in un passaggio del suo libro intitolato Parole arse, un diario che racconta dieci anni di convivenza con un tumore cerebrale, un cammino fatto di emozioni fortissime, scandito da paura, consapevolezza, forza, determinazione e anche un terremoto.
“Un’esperienza che ti segna” e la vita di Alessandro il tumore, definito all’inizio inoperabile, l’ha segnata per due volte. Ma Alessandro non si è arreso e ha avuto la forza di raccontare il suo vissuto per dare forma a pensieri e ricordi, parole “arse e sparse” dice con l’ironia che non ha mai perso “perché c’è sempre sete di dire e di bruciare vita. Sono le parole di un prigioniero miracolato”.
I fondi raccolti attraverso la vendita del libro, frutto di un progetto editoriale di selfpublishing, verranno devoluti all’associazione aquilana Progetto Viva, una onlus che sostiene le pazienti oncologiche nella cura della loro bellezza, oltreché della malattia.
Il primo intervento risale a dieci anni fa, quando “aprivo gli occhi sotto un cielo di luci artificiali” nel reparto di terapia intensiva di una clinica specializzata. L’ospite indesiderato era stato asportato con intervento di craniotomia cui l’autore del libro, oggi quarantaseienne, si è sottoposto.
Il primo malore è avvenuto “tra la sabbia e il cielo, nell’acqua” scrive l’autore etichettando la massa tumorale, un oligodendroglioma, come una grande esibizionista che si è presentata platealmente annunciandosi a cielo, terra, mare e gente. Un doppio me, scrive Alessandro, che “per certi versi mi faceva sentire diverso, peculiare e in qualche modo mi dava la giusta adrenalina per vivere nonostante lui”.
All’inizio non è stato certo facile perché il male si era manifestato in maniera così prepotente da creare una sorta di filtro con il resto del mondo, fatto di sguardi, di apprensione, di pregiudizio, quasi come se nella testa fossero compromessi anche i pensieri. Inutile ripetere “non sono malato, ho solo il cancro. Esame e visite proseguono e di pari passo la mia vita” scrive ancora Alessandro ripercorrendo la storia di quei giorni.
Una vita che l’ha visto riscoprire il valore della musica, dei viaggi, dell’arte, di incontri e letture. E poi la notizia più bella “si può asportare” ma bisogna trovare un chirurgo all’altezza. L’intervengo chirurgico va bene, il professor Vincenzo Esposito “era riuscito a togliere quasi tutta la massa insinuata nelle aree cerebrali motorie per una grandezza compatta di un pacchetto di Tic-Tac”.
E poi la riabilitazione, il terremoto del 6 aprile, la città distrutta, il concerto a Fossa di Vinicio Capossela e Nduccio, un evento straordinario voluto proprio da Alessandro e organizzato in collaborazione con l’allora assessore alla cultura, Berta Giacomantonio, una “grande amica con la quale condividere la voglia di sognare”.
E poi l’amore, l’affetto ma anche la ricaduta di una nuova diagnosi, la chemioterapia per una nuova formazione tumorale, la paura. Infine le parole più belle “si può curare”.
Alessandro ha deciso di raccogliere in un libro le sue emozioni per dare forza e coraggio a chi vive situazioni analoghe, a chi si sente solo, a chi si abbatte per nulla. Il volume è dedicato alla neurologa Nanda Palesse e al neuroradiologo Massimo Gallucci, luminari aquilani stroncati da una malattia, alla dottoressa Alessia Catalucci del dipartimento di Medicina Clinica dell’Università dell’Aquila e all’amico Marino Serpetti.
Parole sparse per ricordare che “non dobbiamo stare fermi a pugni chiusi e denti stretti dentro a un ‘perché proprio a me’. Accettare e rinascere, sapersi riconoscere e gestire anche negli sprofondi e continuare a vivere come ognuno di noi è o diventa”.
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