MONTETINO: DAL RECUPERO DI ANTICHI VIGNETI ABBANDONATI A CELANO LA CANTINA PIÙ ALTA D’ABRUZZO

CELANO – Dalla comune passione per il vino di una giovane enologa e di un mastro birraio e dal recupero di antichi vigneti in abbandono nasce a Celano (L’Aquila) Montetino, quella che molto probabilmente si attesta come la cantina più alta d’Abruzzo (siamo a 850 metri di quota) e sicuramente una rarità in una zona vocata all’agricoltura – il Fucino, “orto d’Italia” con il primato nazionale delle patate – ma in cui la viticoltura non trova spazio.
Hanno appena concluso la seconda vendemmia e gli occhi di Benedetta Nicomede e Marco Carone, classe ’92 e ’84, brillano di gioia.
“Avevo sempre avuto il pensiero e la speranza di fare qualcosa in zona per valorizzare il mio territorio e come me, anche Marco” racconta Benedetta a Virtù Quotidiane, ”e ancor prima di noi, mio padre mi aveva spronata, incoraggiata a cercare una giusta chiave di lettura per esaltarlo. Così ho raccolto la proposta di Marco che ci pensava già da diversi anni e abbiamo iniziato a cercare vigne nella zona di Celano”.
Benedetta ha sempre portate con sé in giro per il mondo le sue fiere radici marsicane: laureata in Viticoltuta ed Enologia a Pisa, continua gli studi a Udine, specializzandosi in “Viticolture, Oenology e Wine Markets” e poi per lavoro sarà in Nuova Zelanda, in Oregon, per poi tornare in Italia e fermarsi per un anno in Sicilia e poi decidere di restare in zona, per il lavoro da Emidio Pepe, a Torano Nuovo (Teramo), e per intraprendere l’avventura di Montetino.
Marco invece è romano, ma si trasferisce in Abruzzo, dove vive ormai da diversi anni, perché è mastro birraio presso Birra del Borgo ed è in azienda praticamente da sempre.
I due si sono messi alla ricerca di vigne “che fossero già operative ma con proprietari che non potevano occuparsene, ad esempio, o che fossero in stato di abbandono”.
“Non è stato sempre facile farsele affidare dalle persone del luogo”, ammette Benedetta, “ma alla fine i proprietari si sono fidati di noi e oggi eccoci, dopo tanti sacrifici, a portare avanti questa tradizione e a garantirne una continuità”.
Le vigne – che si trovano a Celano e una nel vicino comune di Aielli – sono state restaurate nel 2020, poi è iniziato il lavoro vero e proprio. Tutto è naturale, biologico e la produzione è limitatissima.
Benedetta e Marco sono giovani e preparati e hanno le idee chiare: “Non compriamo uve da nessuno, vogliamo far conoscere il territorio soprattutto da questo punto di vista e perché no, crescere, creare indotto, assumere anche persone, cosa che da qui a qualche anno ci auguriamo perché i vini sono buoni e noi puntiamo a essere limpidi, onesti, completamente artigianali”.
La zona della Marsica e della piana del Fucino, in effetti, conosce molto bene il settore agricolo ma molto meno quello vitivinicolo e Montetino è davvero un progetto interessante, dalle vigne, alla cantina di produzione e trasformazione in pieno centro a Celano, fino al concept che c’è dietro.
Con l’intento di raccontare il territorio attraverso una narrazione reale e veritiera ma accattivante e giovane, i ragazzi producono un blend di Trebbiano e Malvasia, “Le Foci”, celebrativo di un’area geografica ai celanesi molto cara, quella delle Gole, che è uno dei canyon più belli dell’Appennino e che separa il Sirente dal Monte Tino.
Dal Montepulciano vengono fuori un rosato, “Tralumescuro”, che trae il nome da un libro di Guccini, in cui si esalta quel momento tra la luce e la notte, quel momento di pura pace che è un’ora di tutti, un’ora magica, e un rosso, “Le Marie”, dalla zona di Celano dove è concentrata la gran parte delle vigne. Questo vino interpretativo riprede nell’etichetta proprio il Monte Tino, che dà il nome all’azienda e che sovrasta la città di Celano.
Le originali etichette, disegnate da Sofia Sguerri, richiamano i colori del territorio e dei vini, realizzati con acquerello e foglia d’oro. È un rimando alla tecnica giapponese del kintsugi, inventata dai ceramisti per ridare lustro a quello che è rotto, attraverso l’oro, quasi a dargli una seconda – e più preziosa – vita: “Abbiamo voluto fare questo con la nostra terra, una terra martoriata da un’agricoltura intensiva e persino da un terremoto, e poi questa è una specie di ricostruzione anche personale, fare vino ci arricchisce, ogni giorno ci insegna e ci dona qualcosa”, ammette Benedetta, con la voce emozionata.
Si lavora in agricoltura biodinamica, non vengono utilizzati agenti chimici, né in vigna né in cantina: si fa vino rispettando l’ambiente e la biodiversità, osservando e seguendo le fasi lunari, attraverso un processo di custodia delle vecchie vigne che garantisce continuità, serietà, affidabilità. I vini prodotti sono arrivati da Celano in tutta Italia e in Francia e il prossimo anno arriveranno negli Usa: a Montetino si fa ricerca, si sta al passo coi tempi e lo si fa con raffinatezza, onestà, competenza e intuizione.
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