SALVARE LE SCUOLE PER RIDURRE LO SPOPOLAMENTO NELLE AREE INTENE

SAN DEMETRIO NE’ VESTINI – Cambiare la legge per salvare le pluriclassi nei paesi di montagna ed evitare di accelerare sullo spopolamento. L’appello a firma del preside dell’Istituto comprensivo “San Demetrio Ne’ Vestini-Rocca di Mezzo” Antonio Lattanzi, punta a modificare le leggi volute da Tremonti e Gelmini per ridurre il numero degli alunni ammessi nelle pluriclassi.
Un dramma per le scuole di montagna come quella di San Demetrio che annovera i bambini di 12 comuni che sono: Ovindoli, Acciano, Tione degli Abruzzi, Fontecchio, Alto, Villa Sant’Angelo, San Demetrio, Sant’Eusanio Forconese, Fossa, Ocre, Rocca di Mezzo, Fagnano e Rocca di Cambio (L’Aquila).
Tutti paesi dell’entroterra abruzzese alle prese con un grave fenomeno di spopolamento e che danno vita a sei plessi scolastici, sei di scuola dell’infanzia, sei di primaria e due di scuola media.
Il dirigente è stato intervistato dal giornalista Vincenzo Brancatisano per il sito specializzato Orizzontescuola.it.
Le pluriclassi sono costituite da non meno di 8 e non più di 18 alunni. Così recita l’art. 10 comma 1 del Dpr 81 del 2009 dal titolo emblematico “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola”.
“Prima il limite massimo oltre il quale non era possibile formare una pluriclasse era di 12 alunni, Tremonti lo portò a 18 e da quel giorno sono iniziati i guai”, spiega il preside, “bisogna intervenire, altrimenti qui cambia l’assetto scolastico e sociale. Parlano tanto di individualizzare le esigenze del bambino e io questo lo posso fare solo se ho una situazione di organico accettabile”.
A complicare la gestione di un territorio già problematico anche il terremoto dell’Aquila.
“Dopo il terremoto”, continua il preside, “c’è stato un ritorno a casa di molte famiglie con figli e anche le scuole hanno avuto qualche vantaggio. Tuttavia, man mano che L’Aquila torna a vivere si torna in città e tornano i problemi legati al numero esiguo dei bambini. Ma mantenere questi comuni è importante. Le scuole sono l’unica agenzia culturale, altri servizi non ce ne sono, in questi comuni che a volte arrivano anche a solo 400 abitanti”.
Un quadro a tinte fosche dunque al quale la politica dovrebbe dare delle risposte, prima che la chiusura delle scuole spinga le famiglie a spostarsi del territorio per trasferirsi nei centri più grandi. (fed.cif.)
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