TACCHINO ALLA CANZANESE, CON IL CONSORZIO VERSO UN MARCHIO DOP O IGT

CANZANO – Tutelare una ricetta tradizionale simbolo dell’Abruzzo e arrivare ad ottenere con il tempo un marchio distintivo Dop o Igt per un prodotto la cui filiera si concentra tutta nel teramano abruzzese. È nato e si muove su questi due grandi obiettivi il consorzio del Tacchino alla Canzanese.
Il progetto è cominciato nel 2005 dall’unione di sette imprenditori, tra titolari di aziende agricole e ristoratori, della zona di Canzano, Castellalto, Cellino Attanasio e Cermignano (Teramo). Franco Michini, che dell’associazione è il presidente, Francesco Capitanio (vicepresidente), Diego Ferrante, Francesco Di Marco, Dino Iachini, Antonio D’Ercole, Dario Fidanza hanno deciso di unire le forze per tutelare una ricetta antica, ormai inserita nell’elenco dei prodotti tradizionali della regione Abruzzo e arrivata fin sulla luna, nel luglio del 1969, quando durante la storica missione il piatto fu inserito, grazie ai suoi valori nutrizionali tra i cibi liofilizzati degli astronauti.
“Anni fa abbiamo deciso di unirci sia per tutelare la ricetta, ma anche perché ci siamo accorti che non avevamo un mattatoio per il tacchino che alleviamo – spiega a Virtù Quotidiane Michini -. Il più vicino è in Emilia Romagna, allora ci siamo messi insieme e ce lo siamo costruiti da soli”. La realizzazione è ormai conclusa e ha visto la struttura sorgere ovviamente a Canzano. Una volta ottenute le ultime certificazioni, entrerà definitivamente in funzione. “Presto cominceremo la produzione vera e propria. Con il mattatoio finalmente riusciamo a chiudere la filiera del tacchino con la riscoperta e la valorizzazione della ricetta tradizionale e dell’allevamento estensivo degli animali, con l’obiettivo un domani, quando raggiungeremo una produzione significativa, e cioè entrando in un ciclo di lavoro continuo, di ottenere un marchio distintivo”.
Il consorzio, che è aperto anche ad altri produttori, trasformatori e venditori, lavora costantemente alla tutela di una ricetta antica, la cui scoperta, avvenuta in modo del tutto casuale si fa risalire alla metà del 1800. Durante una cena tra amici, i padroni di casa avrebbero dimenticato il tacchino che avevano infornato. La mattina seguente nel togliere la pentola dal forno notarono che il tacchino era completamente avvolto da una sorta di gelatina che accompagnata alla carne ne esaltava il sapore. I depositari della ricetta la tramandano da generazioni, mantenendo intatte le antiche tecniche di lavorazione e il gusto. Tacchino, sale e aromi naturali vengono lavorati a mano e lasciati cuocere per circa 6 ore, tempo di cottura necessario per ottenere la gelatina naturale.
L’antica ricetta riportata sul sito del Consorzio
Si prende il tacchino, possibilmente femmina, dopo averlo disossato, le ossa vengono rotte e sistemate nella teglia per dare maggiore densità al brodo di cottura. La carne viene sistemata sopra le ossa, si aggiunge acqua senza coprire del tutto le carni, aglio, alloro, pepe in grani e sale. La cottura avviene in forno a legna o a combustione ad alta temperatura in modo da ottenere un arrosto cotto nel suo brodo.
La carne girata con frequenza, prosegue la sua cottura per sei/sette ore. Terminata la cottura, la quantità di brodo residuo viene separata dalla carne, sgrassata e filtrata. Il brodo così preparato, ancora caldo, viene fatto raffreddare insieme alle carni a temperatura ambiente e poi lasciato in frigorifero dove diventerà gelatina. In origine la preparazione avveniva senza disossare l’animale, con notevoli difficoltà di consumo a fronte di una maggior semplicità e velocità di preparazione.
Il Tacchino alla Canzanese viene tagliato solo qualche attimo prima di essere servito con la sua preziosa gelatina. Il contorno ideale? Carote e zucchine appena sbollentate in acqua e aceto e conservate in olio extravergine d’oliva. In stagione, saporiti e colorati chicchi di melograno.
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