TERRE DI APPARTENENZA, COME IL RAPPORTO CON LE ORIGINI INFLUENZA IL PERCORSO DI CRESCITA E IL BENESSERE PSICOLOGICO

di GIULIA GREGORINI*
ROMA – Nell’antichità la Terra veniva considerata con rispetto e devozione, come un essere vivente con una propria identità e con specifiche necessità. La natura sanciva l’ancestrale e imprescindibile unità tra terra e uomo. Con i processi di industrializzazione e modernizzazione delle società si è progressivamente assistito ad una minore considerazione dell’ecosistema.
Ciò ha contribuito a perturbare gli equilibri dell’uomo e degli organismi viventi. È mutata la percezione e la consapevolezza sull’importanza dell’ambiente naturale ma il legame profondo tra uomo e terra rimane imprescindibile ed essenziale. La Terra, come una madre, accoglie, nutre e ospita, risponde ai bisogni di sopravvivenza e adattamento.
Il mito dell’individualismo
La società odierna propone incisivamente ideali individualistici, esalta i miti del successo, dell’efficienza e dell’autonomia. Il rischio è quello di valorizzare visioni narcisistiche di sé e del mondo, depotenziando l’importanza della relazione, dei bisogni affettivi e sociali.
La prospettiva psicologica evidenzia il potere dell’autoderminazione e l’importanza primaria delle relazioni, sin dal concepimento di una nuova vita.
Da monadi a essere relazionali
Si nasce grazie alla relazione e si cresce nella relazione. La percezione di sé si struttura a partire dalle relazioni con le figure di accudimento, che fungono come potente specchio.
È possibile raggiungere una sana autonomia solo se si è sperimentato un saldo senso di appartenenza, a partire dall’esperienza infantile in famiglia.
La fiducia del bambino nel muovere gradualmente i propri passi nel mondo dipenderà anche dalla capacità della famiglia di costituirsi come base sicura, da cui partire e ove poter fare ritorno.
Bambini che esprimono difficoltà nel compiere i passaggi di autonomia spesso sottendono un attaccamento insicuro, manifestano ansia da separazione da radici affettive percepite come fragili e incerte.
Sin dal molto piccolo il bambino non può essere considerato una monade, egli è un essere relazionale. Il significato dei suoi comportamenti è da rintracciare nel suo mondo affettivo e nel contesto di maturazione.
Il senso di appartenenza
Non esiste un percorso di crescita ideale, esente da difficoltà ma si può acquisire come riferimento la prospettiva di una “crescita sufficientemente sana”, che si articola su una fase di dipendenza fisiologica e fondamentale del bambino dalle figure di accudimento, che evolve in un senso di appartenenza e nel successivo svincolo dalla famiglia in età adulta.
Le persone che non hanno sperimentato una dipendenza infantile sana con molta probabilità svilupperanno dipendenze compensative disfunzionali, come relazioni tossiche, tossicodipendenze o dipendenze comportamentali.
È nella circolarità e alla luce di una multifattorialità che si può comprendere un individuo.
Nell’interazione tra fattori molteplici, come la personalità, la storia pregressa e il contesto socioculturale, l’appartenenza assume un’importanza che rischia di essere eclissata.
Aver maturato un buon senso di appartenenza all’interno della famiglia d’origine favorisce la possibilità di costruire una percezione di sé positiva, premessa per la costruzione della coppia e di una nuova famiglia.
Se, al contrario, la dipendenza dalla famiglia d’origine è eccessiva, il distacco sarà vissuto con difficoltà ed autosabotaggi, ad esempio non raggiungendo una realizzazione lavorativa e scegliendo inconsciamente partner inadeguati, con cui facilmente si stabiliranno legami fallimentari che non hanno possibilità di evoluzione.
Anche il taglio, la distanza eccessiva dalla famiglia d’ origine evidenzia una dinamica disfunzionale e irrisolta. L’obiettivo è raggiungere quel complesso ed essenziale equilibrio tra vicinanza e separazione.
Il valore delle origini
Il senso di appartenenza corrisponde al sentirsi parte di un sistema, attraverso un canale affettivo e comportamentale, conservando la libertà di essere, aderendo a ciò che corrisponde alla propria identità e differenziandosi da ciò che non è sintonico con il proprio Sé.
Appartenere non significa quindi reprimere la propria soggettività, bensì sentire il diritto ad esprimerla senza timore di perdere i legami. L’appartenenza ha manifestazioni poliedriche, non riguarda solo le relazioni familiari ma anche i luoghi, la terra nativa, gli usi e i costumi.
Per le persone che si sono trasferite altrove i viaggi di “ritorno a casa” costituiscono un’esperienza emozionale sempre intensa e fondamentale.
Il legame con la terra d’origine è parte del processo di costruzione identitaria.
Spesso nei percorsi adottivi le persone ricercano informazioni e contatti con le origini. Ciò rappresenta un istinto naturale, un bisogno primario, la ricerca di quel senso di appartenenza necessario per poter evolvere e costruire la propria casa.
“Non esistono ali senza radici”.
*psicologa-psicoterapeuta
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