Cronaca 06 Ago 2024 16:29

Vino, in Abruzzo si apre la guerra dell’Igt Terre Aquilane. Il Consorzio la “molla”, produttori sulle barricate

Vino, in Abruzzo si apre la guerra dell’Igt Terre Aquilane. Il Consorzio la “molla”, produttori sulle barricate
Domenico Pasetti e Alessandro Nicodemi

PESCARA – “L’Igt Terre dell’Aquila vale 10 volte di più di una Doc Abruzzo o Montepulciano che sullo scaffale si trova anche a un euro”. Ne è convinto Domenico Pasetti, titolare di Pasetti Vini e primo promotore, insieme ad altri produttori aquilani, del ricorso contro la cancellazione dell’Indicazione geografica tipica.

Nell’ambito della ridefinizione delle denominazioni di origine, il cosiddetto Modello Abruzzo che ha modificato i disciplinari del vino nella direzione della semplificazione e della valorizzazione territoriale, è infatti stato previsto l’abbinamento delle menzioni Superiore e Riserva alle 4 sottozone provinciali (Terre dell’Aquila, Colline Pescaresi, Colline Teramane e Terre di Chieti) per le 4 Doc regionali, e la cancellazione delle 8 Igt.

Pasetti insieme ad altri produttori “che coprono oltre il 50 per cento della produzione”, precisa il vignaiolo, ha deciso di opporsi alla cancellazione di una delle 8 Igt, ovvero la Terre dell’Aquila.

Il Comitato nazionale vini dovrà riunirsi nelle prossime settimane per decidere se mantenerla o meno, ma nel frattempo il Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo ha votato nei giorni scorsi in assemblea la rinuncia alla sua tutela.

“L’obiettivo del Modello Abruzzo è stato quello di valorizzare i territori attraverso le Doc più che con le Igt. Le nostre 4 Doc regionali sono state impreziosite con l’inserimento delle sottozone provinciali, mentre l’Igt sarebbe dovuta diventare unica. Dato che un gruppo di produttori non ha voluto rinunciare all’Igt Terre dell’Aquila”, spiega il presidente del Consorzio Alessandro Nicodemi, “il Consorzio a questo punto per dare un’unità di messaggio, ha dovuto rinunciare alla sua tutela. Voglio precisare che il Consorzio non ha rinunciato alla valorizzazione del territorio aquilano, dal momento che l’appellazione Terre dell’Aquila è stata valorizzata traslandola nella Doc Abruzzo, Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo d’Abruzzo. Tuttavia come Consorzio non possiamo raccontare quella appellazione nelle Doc e poi anche nell’Igt. Mentre le altre sette Igt verranno cancellate, la ottava non sarà cancellata, resterà in auge, ma non sarà più oggetto di tutela da parte del Consorzio”, conclude Nicodemi.

“Attendiamo l’esito del ricorso da Roma”, commenta Pasetti, “e attendiamo di capire che fine farà l’Igt, ma il passaggio del Consorzio di escludere l’Igt dalla tutela ci sembra troppo avventato, lo riteniamo illecito e crea danno e discredito ai produttori delle aree interne e difficili dell’Abruzzo. Di una zona che vuole cercare una sua identità e la sua vocazione alla viticoltura. L’Igt Terre dell’Aquila è attiva da oltre 15 anni. Da 15 anni è nella giurisdizione del Consorzio e i produttori pagano la propria quota associativa”, rimarca Pasetti.

“Ora il presidente del Consorzio dice chiaramente che l’Igt è troppo piccola e dà fastidio al suo progetto di promozione. Io rispondo che questa presa di posizione è illegittima. I produttori dell’Aquila hanno voluto avere una propria identificazione, lontana da una denominazione che vede vini sugli scaffali anche a 1 euro, mentre gli Igt Terre dell’Aquila stanno mediamente sui 15-20 euro. Siamo in un territorio montano, difficile e i produttori aquilani non possono permettersi il lusso di vendere una bottiglia a quel prezzo. Ecco perché si è voluto prendere le distanze da un vino senza valore. Il prezzo sul mercato non fa certamente la qualità, ma è il primo elemento che identifica il valore di qualcosa. Quando si va a vendere un vino all’estero e ci sono cantine che propongono prodotti anche a meno di un euro, si fa fatica a spiegare ad un importatore perché un altro prodotto invece ne costa 15-20”.

Il tema è connesso secondo Pasetti non solo a una questione di prezzo, ma anche di strategia di marketing che c’è dietro il modello Abruzzo.

“Dal mio punto di vista non è la denominazione che fa il vino. Ma l’Abruzzo è identificato come regione di vini di massa, a cisterna e che non valgono niente, dunque la denominazione che richiama all’Abruzzo non può essere vincente. La differenziazione del territorio non si fa a livello provinciale”, va avanti, “ma a livello orografico, climatico, pedologico. Questo Modello Abruzzo che introduce le sottozone non fa altro che ricalcare un progetto legato alla denominazione Abruzzo che venne fatto cinque-sei anni fa e che fu un fallimento totale, perché non ha sortito nulla in termini di commercializzazione. Non basta cambiare nome e casacca. Bisogna lavorare su altri canali”.


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