Cartografie di un tempo interiore, gli scatti di Lunardo e Bottari in mostra a La Dama di Capestrano
di Giorgia Roca

CAPESTRANO – Lo Spazio d’Arte Multidisciplinare “la Dama di Capestrano” ospiterà – da domenica 10 novembre fino al 4 gennaio 2025 – una mostra bipersonale, ad ingresso libero, dedicata alla fotografia stenopeica degli autori Gianfranco Lunardo e Maria Francesca Bottari, con la curatela di Barbara Pavan, presenti all’inaugurazione del 10 novembre alle 11,30 in via Aquila n. 7 a Capestrano (L’Aquila).
La mostra rimarrà aperta il venerdì e il sabato dalle ore 17,30 alle 19,30 e la domenica dalle ore 11,00 alle 13,00.
La fotografia stenopeica è una tecnica di ripresa alla cui base c’è il principio della camera obscura, anticipatrice delle fotocamere. La luce – da fuori – passa all’interno della macchina fotografica attraverso un piccolo foro, chiamato foro stenopeico, proiettando e riproducendo la realtà esterna.
Nella storia della pittura tanti sono stati gli artisti che hanno utilizzato questo principio per rappresentare la realtà o per realizzare opere d’arte, arrivando a costruire piccole camere obscure portatili attraverso cui ricopiare fedelmente l’immagine che volevano raffigurare. Uno su tutti fu il famosissimo Canaletto con le sue fedeli vedute di una Venezia del 1700.
Ma anche nella nostra epoca sono diversi i fotografi che amano ancora utilizzare questa tecnica. Gianfranco Lunardo e Maria Francesca Bottari si dedicano ormai da tantissimi anni alla fotografia stenopeica, il primo utilizzando pellicole rigorosamente in bianco e nero, e la seconda invece utilizzando pellicole a colori scadute.
Entrambi membri dell’Associazione Fotografica Sator di Narni e docenti di Fotografia stenopeica alla manifestazione Narinimmaginaria.
Questa mostra sarà l’occasione per condividere con l’osservatore la rappresentazione di un percorso intimo – “Cartografie di un tempo interiore” per l’appunto – definito, dapprima in un’immagine latente – come la nostra interiorità – e poi attraverso la forma nelle fotografie.
“Le fotografie stenopeiche in bianco e nero di Gianfranco Lunardo rappresentano un’interessante intersezione tra universo interiore e mondo esterno. Ottenute tramite una tecnica che non fa uso di lenti ma di un semplice foro, esse incarnano una dimensione che amplifica il legame tra l’oggetto del nostro sguardo e la percezione soggettiva. Le sue opere si inscrivono in un dialogo intimo tra l’artista e il paesaggio che diventa non solo luogo fisico, ma specchio di una cartografia interiore. Le immagini, spogliate della precisione tecnica e della nitidezza tipica di altri linguaggi fotografici, rivelano un’eco profondamente spirituale ed esistenziale. Nel suo lavoro, esso non e? un elemento da esplorare o conquistare ma uno spazio in cui ritrovarsi, in cui risuona una ricerca di se?. Lunardo non vi cerca riferimenti esterni, ma piuttosto riconosce in esso il riflesso di un percorso introspettivo, di una domanda continua sul senso della propria esistenza e della propria relazione con il mondo”, commenta la curatrice Pavan.
Mentre, il lavoro di Maria Francesca Bottari la stessa Pavan lo definisce come “una pratica concettuale che spinge il medium fotografico verso un’estetica del frammento e dell’imprevisto. L’alterazione chimica del supporto infatti e? imprevedibile e implica una variazione che determina una cifra cromatica acida, dove i colori vengono distorti, amplificati, rendendo visibile non solo il soggetto, ma anche il mezzo stesso attraverso cui viene catturato. Nelle sue opere la natura non viene semplicemente contemplata come oggetto, ma diventa soggetto di un’esperienza estetica che nasce dall’incontro con l’elemento umano, dall’imperfezione, finanche dal degrado, aspetti che assumono forme particolarmente evidenti nel paesaggio stesso quanto nei segni, nei ruderi che vi si incontrano”.
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