Cultura 13 Mar 2023 18:58

I PROVERBI ANTICHI DI GIANCATERINO GUALTIERI, UNA MAPPA PER LA VITA CONTADINA

Ginacaterino Gualtieri

L’AQUILA – La brevità ne segna la rilevanza, la composizione in rima li rende facilmente memorizzabili. Sono i proverbi dialettali, che in pochissime parole riescono a trasmettere pensieri compiuti e spesso concetti complessi, che nel mondo agrario sono da sempre autentica scuola di vita e saperi. Ben cinquecento di essi sono raccolti nel libro Proverbi contadini ragionati e spiegati ovverosia considerazioni semiserie su questioni serie, in cui Giancaterino Gualtieri non si limita ad elencarli ma ne fa quasi una disamina.

Detti e proverbi legati esclusivamente alla tradizione di San Benedetto in Perillis (L’Aquila), e rivolti ai mesi dell’anno e alle stagioni; all’uomo, alla donna e alla famiglia; con un’attenzione particolare alla cosiddetta roba, ossia i beni materiali che si possedevano, ricordando anche la relativa dicitura, riportata negli elenchi catastali dell’epoca, per coloro i quali fossero esonerati dal pagamento delle tasse perché “persona povera che non ha niente di suo”.

“Mi piace pensare che il termine proverbio significhi una parola per tante parole”, ha spiegato il professore di Fisica che ha presentato il suo libro nei giorni scorsi a Sassa. “Nella vita mi sono dovuto occupare di Fisica per poter vivere, altrimenti avrei fatto molto volentieri il contadino. Mi definisco un contadino prestato ad altri ambiti, coltivo ulivi e piante da frutta da cinquanta anni”.

Legata fortemente all’uso di determinate parole e al destino, la società di una volta vedeva la sorte come una figura antropizzata, richiamandola a sé nei momenti di sconforto e affidandosi ad essa completamente, indicando con “Sòrte i duàrme!” – sorte e dormi – il poter fare sonni tranquilli perché il destino seguirà comunque il suo corso.

Per la stagionalità e le coltivazioni, ad esempio, si recita “A febbràre gliu iuàrne i la notte vàve pàre” – la notte e il giorno vanno pari – detto nato prima della creazione del calendario gregoriano per capire il passaggio da un mese all’altro, e “acqua d’agosto, olio miele e mosto” in quanto la pioggia favorisce non solo la crescita della vigna e dell’uliveto ma anche la fioritura del timo e di altre monocultivar per la produzione di miele.

Inoltre, nell’alimentazione contadina il pane era elemento principe e in Calendario, tra i riti che scandivano le stagioni come la lavorazione del maiale e la semina dei legumi, si racconta come veniva prodotto un buon filone.

Dunque, in uno stralcio si legge: “Il giorno prima di andare al mulino a macinare, il grano viene rapidamente lavato in una tinozza e, raccolto con un colabrodo, viene messo ad asciugare al sole su teli puliti di canapa (d’àccia i àccia). Comunque, anche se non è possibile lavarlo, il grano la sera prima viene leggermente inumidito (se vàggna) per avere una farina più sottile ed una crusca che si separa meglio dalla farina. Nei fondaci (gli fùneche) o dentro casa, i sacchi della farina sono posti su una tavola, rialzata di un buon palmo, sia per dare spazio ai gatti nella caccia ai topi che per evitare il contatto diretto con l’umidità del pavimento, col rischio che la farina muffisca ed inacidisca. La sera prima di andare al forno si prende la giusta quantità di farina e si passa al setaccio per separare la crusca (la sìmmela), utilizzando il tavolo (labbànca) o la spianatoia (la splanatéura) o addirittura dentro il piano della madia (l’àrca), che è fornita nella parte anteriore di una ribaltina all’altezza del petto della donna, per evitare lo schiacciamento delle mammelle durante le ripetute lavorazioni nella madia. Si intride la farina con la giusta quantità di acqua (qualche massaia, anzi quasi tutte, aggiungono anche la fecola di patate precedentemente lessate- le patàte allésse -), si aggiunge il lievito (gliù crìsce), un pugno di pasta lievitata che passa di casa in casa e si ammassa la pasta manipolandola per ore e con molto olio di gomito, lasciandola a lievitare tutta la notte nella madia (déntre l’àrca). La mattina presto la pasta viene di nuovo lavorata (se splàna) e poi si preparano i filoni e si dispongono sulla spianatoia (la splanatéura) per portarli al forno. Mìtte le pàne i a iuàrne ammàssa (prepara la pasta e a giorno ammassa), è la frase che la fornaia, passando di casa in casa, dice o manda a dire (spesso i messaggeri sono i figli piccoli o i nipoti) la sera prima a chi si è prenotata per fare il pane. Si dispongono i filoni sulla spianatoia e la donna con la spianatoia in testa si reca al forno. Ognuno deve portare il suo fascio di frasche (nu màtte de céppe) o più frequentemente di spini per riscaldare il forno. La fornaia ad uno ad uno poggia i filoni di pane sulla pala di legno dal lungo manico e li inforna posizionandoli, lasciando un certo spazio fra un filone e l’altro. Quando il forno è pieno la fornaia chiude la porta del forno (la purtucélla) e la sigilla con sottili e lunghi rotolini di pasta di pane (gli miscìgglie). La fornaia ad uno ad uno poggia i filoni di pane sulla pala di legno dal lungo manico e li inforna posizionandoli, lasciando un certo spazio fra un filone e l’altro. Quando il forno è pieno la fornaia chiude la porta del forno (la purtucélla) e la sigilla con sottili e lunghi rotolini di pasta di pane (gli miscìgglie). I filari di pane, disposti in bell’ordine sulla spianatoia, ritornano a casa portati regalmente in trionfo e il profumo si spande e il cuore si apre”.

Indicazioni e ricordi ora tramandati nero su bianco, affinché non si disperda il patrimonio emozionale della società contadina.

Professore di Fisica di alcuni Istituti superiori prima, ricercatore confermato di Fisica medica della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Aquila, ancor prima della pensione Gualtieri si è dedicato alla scrittura di alcuni testi come I racconti della Grotta della Notte, una raccolta di fiabe riportate dalle nonne di San Benedetto in Perillis (L’Aquila), suo paese d’origine, Calendario, un manuale che ripercorre la vita agreste giorno per giorno di cui si è interessata anche la Deputazione di Storia patria, e il Dizionario del contadino attualmente in stampa.

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