“VOLEVO ESSERE MARLON BRANDO”, HABER PRESENTA ALL’AQUILA LA SUA AUTOBIOGRAFIA

L’AQUILA – In occasione della 14esima edizione del “L’Aquila Film Festival”, è stato presentato questa sera presso l’aula magna del Dipartimento di Scienze Umane il libro Volevo essere Marlon Brando (ma soprattutto Gigi Baggini), la biografia di Alessandro Haber.
Il celebre attore ha racchiuso tra le pagine del libro cinquant’anni di ricordi, racconti e aneddoti, con il chiodo fisso di diventare attore ed una parentesi legata all’Aquila.
“Ho avuto qui un’importante esperienza con Carmelo Bene e Gigi Proietti, uno spettacolo prodotto dal teatro stabile dal titolo ‘La cena delle beffe’. Io ero giovanissimo, fu un periodo fantastico, mistico, lavorando con due geni, un periodo meraviglioso nel quale ho imparato tante cose”, ha raccontato l’attore.
“Sono venuto spesso qui a teatro, sono contento di presentare qui una biografia potente, dove mi sono messo a nudo non risparmiando né me stesso né gli altri, un percorso dalle pozzanghere alle montagne, un racconto dove c’è di tutto, successi e delusioni, gli amici di una vita e quelli che non ci sono più, scritto come parlo, senza pudore”.
Haber è stato accolto e presentato da Mirko Lino, docente di Storia del cinema nell’ateneo aquilano: “Con questo grande attore inauguriamo il Festival, una rassegna coraggiosa che ha il pregio nel cuore della città il cinema, dove da diversi anni manca una sala. Haber è una pietra miliare del nostro cinema, la sua biografia dimostra quanto la vita di un’artista permetta di descrivere un periodo del cinema italiano in cui il cinema soprattutto in Italia provava a rinnovare i propri linguaggi, le proprie estetiche e la propria grammatica”.
Il professore si è poi soffermato sull’importanza che il Festival ha per la città, facendo un punto di quello che è lo scenario locale della settima arte: “Il territorio offre molte potenzialità, che spesso rischiano di rimanere isolate poiché manca una rete che possa sfruttare in maniera virtuosa i paesaggi, la natura e le specificità del territorio. Dopo il sisma e la pandemia credo sia un dovere investire su queste risorse, riuscendo a comunicarle; dopo il terremoto si è sviluppata una sorta di fascinazione di un sottotipo di documentario catastrofico, credo che si debba superare la cornice del terremoto, andare oltre, perché solo così potremo dire di aver elaborato il trauma”.
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