BIRRA ABRUZZESE & ARROSTICINI: L’ABBINAMENTO È AUTOCTONO CON L’INNOVATIVO BEER INSPIRED

PESCARA – Con gli arrosticini? Una American pale ale prodotta in Abruzzo. Abbinamento perfetto e tutto territoriale, “da rivendere ai Paesi che vantano una storia birraria!” Dopo quattro serate di degustazioni guidate tra vari stili di birra declinati dalla fantasia dei mastrobirrai abruzzesi, l’ultimo workshop offerto da #FermentidAbruzzo si conclude con un inno al territorio.
A proclamare la tipicità – e rivendicarne la territorialità assoluta – dell’accostamento birra stile Apa & carne di pecora infilzata e arrostita sulla fornacella, è Antonio Ferretti, mastrobirraio del beerfirm Beer Inspired di Atri, invitato a chiudere la parte culturale del festival della birra artigianale abruzzese organizzato al Marina di Pescara in appendice a #Estatica.
Ferretti, atriano, è portavoce dell’innovativa startup Beer Inspired, piccola realtà delle colline teramane che “in silenzio e totale autofinanziamento” da sette stagioni va sperimentando la coltivazione domestica di luppoli (una ventina di varietà internazionali al fine di isolarne le più produttive sul territorio) per farne birra “autoctona”.
Unica nel suo genere in Abruzzo e tra le venti realtà italiane che stanno testando la coltivazione del luppolo a livello professionale, l’azienda agricola Babilhop, di Atri, è entrata nel programma luppolo.it, primo progetto di ricerca nazionale sulla coltivazione del luppolo in Italia, finanziato dal MiPAAF e coordinato dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea – Ricerca).
L’agricola Babilhop e il beerfirm BEer Inspired hanno ricevuto l’Oscar Green 2017 della Coldiretti nella sezione “Fare Rete”, grazie alla sperimentazione congiunta, in campo e in birrificio, dell’innovativa coltura del luppolo in Abruzzo.
Dunque, coltivazione in proprio di una parte delle materie prime e promozione della birra autoprodotta in ogni forma possibile. Controllando la coraggiosa filiera fino agli ultimi passaggi: distribuzione e vendita, advertising e networking, promozione e generazione di idee. Cultura della birra artigianale a tutto tondo. Un percorso condiviso in partenza con altri soci appassionati, oggi anche imprenditori.
Quattro le birre prodotte, tipizzate secondo la personale ispirazione, pur attraversando stili e gusti birrari codificati: American pale ale, Belgian golden strong ale, Golden ale, Belgian pale ale. Tutte con imprinting originale, abruzzese.
Ferretti, studi agroforestali, ha ragguagliato l’attento uditorio su abbinamenti birra/cibo partendo dalla considerazione che trattasi di materia giovane. In Italia la cultura della birra artigianale è recente, sorta da appena vent’anni. “Poco, ma abbastanza da imporre la birra più che come complemento, come protagonista della tavola. Vero piatto forte dall’aperitivo al dolce”.
Rispetto al vino la birra è più eclettica, frizzante, flessibile. Tanto da permettere accostamenti arditi laddove il vino non può arrivare, peraltro con originalità ed effervescenza. Merito dei molti stili di produzione, capaci di soddisfare il “pairing” perfino con insalata, misticanza di erbe amare, brodi, carciofi.
Solitamente, prosegue l’esperto, si tende ad accostare birra e cibo per analogia o per contrasto. È, quest’ultimo, il caso dei saporiti e robusti arrosticini che una birra beverina (la sopra citata Apa Out Citrus) agrumata, fresca e dal bell’amaro sgrassante, accompagna in modo ideale. Un abbinamento “complementare” che si esalta nella successione sorso-boccone.
“Senza rimpiangere il vino”, si opterà per una birra maltata e luppolata ma mai invadente, consiglia l’esperto. Stesso criterio per i pesci grassi (salmone, tonno), per accompagnare le ostriche e i gamberi (birra stout, scura), o sfumare le cozze come usa oltralpe. Il contrasto tra dolcezza della carne e amaro della birra raggiunge l’apice del gusto con la carne ovina, come da tradizione usano sulla montagna abruzzese per sgrassare la pecora da cuocere poi “aju cotturo”, alla callara.
Accostamento per analogia col dolce (tiramisù, cheesecake): birra dolce, ma non troppo da sovrastare. Importante è non coprire l’olfatto, in modo da consentire la progressione verso cibi più strutturati. In sintesi, dolce semplice con birra semplice e aromatica; dolce più elaborato con birra più strutturata.
Tanto per ricapitolare.
Una birra di corpo leggero, dalle note erbacee e delicatamente citriche, bene accompagna bruschette vegetali (zucchine), spaghetto a vongole, frittura di pesci di paranza, pollo alla piastra. Dove l’effervescenza della birra va a pulire il palato, preparandolo al successivo boccone. Attenzione comunque va prestata ai modi di cottura: leggero va con leggero, purché cucinato nel modo giusto.
Patrocinata dalla Camera di commercio di Pescara, la kermesse del Marina di Pescara si chiude contando qualcosa come ventimila bicchieri di birra nei quattro giorni, spillati dai tredici microbirrifici e beerfirm aderenti a questa prima edizione. Un lavoro di squadra che ha funzionato nonostante le bizze del tempo. Vari i partner organizzatori e le aziende presenti, sicuramente di più con la prossima edizione tenendo conto delle richieste di un pubblico in fermento, assetato di novità e di alternative, curioso di saperne di più e di divertirsi, soprattutto.
Ecco appunto le birre #ReginediFermenti preferite dai partecipanti ai workshop (gratuiti) curati da Luca Di Saverio (Unionbirrai Beer Tasters).
Categoria Bionde a bassa e alta fermentazione:
Birrificio Almond ’22”, “Farrotta”
Categoria Ambrate in stile belga:
Birrificio Almond ’22, “45 Lune”
Categoria Ambrate in stile anglosassone:
Birrificio Golden Rose, “Valenty”
Categoria Le Scure:
Birrificio Maiella, “Bucefalo”
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