Cantine e vini 27 Mar 2025 18:43

Cordone libero e vitigno Piwi, ecco la risposta di Contesa alle sfide di clima e parassiti

Cordone libero e vitigno Piwi, ecco la risposta di Contesa alle sfide di clima e parassiti

LORETO APRUTINO – Una tipologia di allevamento a cordone libero e un Sauvignon Piwi. Pierpaolo e Franco Pasetti hanno scelto di rispondere così, sul campo, nel senso letterale del termine, alle sfide climatiche che stanno stravolgendo la viticoltura. L’azienda agricola nata a Collecorvino (Pescara) per volontà di Rocco Pasetti, papà dei due vignaioli, ha recentemente acquistato una trentina di ettari a Loreto Aprutino, quasi al confine con Civitella Casanova.

Su una collina a 450 metri sul livello del mare, hanno impiantato per ora circa sette ettari tra Montepulciano d’Abruzzo, Pecorino e una piccolissima parte di un vitigno Piwi (un incrocio tra viti appartenenti alle vitis vinifera e le piante di origine americana oppure asiatica) ovvero resistente alle malattie come Peronospora e Oidio e che permetterà una riduzione importante dei trattamenti effettuati nell’arco della stagione, poiché mentre la viticoltura classica ricorre a prodotti fungicidi proprio per proteggere le colture, le viti Piwi hanno meno bisogno di anticrittogamici, dal momento che sono naturalmente robuste.

Non è solo espansione aziendale per i due fratelli, ma è l’inizio di un percorso di rinnovamento totale, che si gioca sul piano dell’agricoltura biologica, pienamente sostenibile. Quella fatta di pochissimi interventi che lascia esprimere il terreno e le uve, “sfruttando” alcuni accorgimenti agronomici per rispondere ai danni pesanti che siccità, funghi e batteri possono creare irrimediabilmente sulle colture.

“Siamo a Loreto Aprutino, a Colle Cavaliere”, racconta a Virtù Quotidiane Pierpaolo, il più giovane della famiglia, ormai a pieno ritmo in azienda come agronomo, “la contrada più alta della zona. Il terreno è argilloso calcareo con presenza di terre grigie. È un suolo povero, ma molto simile a quello delle zone della Toscana o del Nord Italia dei grandi vini. Abbiamo ripreso questo terreno che per oltre 15 anni è rimasto incolto”.

Partendo da questa condizione ottimale, hanno scelto di piantare i due autoctoni e poi il Piwi, perché due anni fa quando la Peronospora ha letteralmente falcidiato la produzione abruzzese, “ho visto alcune vigne resistenti ed effettivamente stavano benissimo, così abbiamo pensato valesse la pena di provare”.

“Per sfuggire alla siccità”, continua Pasetti, “abbiamo usato dei funghi micorrizici, che si mettono sulle radici e aiutano la pianta ad avere una maggior acquisizione sia di nutrienti che di acqua, rendendola più autonoma possibile”.

Anche la scelta dell’allevamento a cordone speronato va nella stessa direzione. “Abbiamo pensato al cordone libero, che i viticoltori abruzzesi chiamano ‘lu sciagurat’”. Invece di essere impalcato a 80 centimetri, con la vegetazione che cresce verso l’alto, in questa forma di allevamento “l’impalco è a un metro e 50 circa e i capi crescono verso il terreno a favore di gravità”, illustra tecnicamente.

“Questa scelta è fatta sia per sfuggire ai cinghiali, che mangerebbero tutto il raccolto, e anche perché nell’annata terribile del 2023 ci siamo accorti che sui filari normali, avendo fatto un lavoro per rimettere la vegetazione dentro i fili, per riordinare la vigna a livello agronomico, l’umidità è aumentata e i funghi hanno trovato un ambiente ancora più favorevole. Con il cordone libero, invece, i germogli vanno verso il basso senza essere costretti, si crea più arieggiamento nella chioma, la pianta si asciuga prima, l’ambiente è più ostico per il proliferare dei parassiti e in più il grappolo viene coperto dalla vegetazione, con un ombreggiamento simile a quello che si otterrebbe con il tendone”.

Per ora si tratta di sette ettari impiantati su una trentina complessivi. Sono in corso espianti per altri cinque da iniziare l’anno prossimo, con l’obiettivo in futuro di spostare anche parti di vigneti oggi a Collecorvino.

“Lì abbiamo fatto 25 anni di agricoltura convenzionale, con il terreno che ovviamente è stato molto sfruttato. L’ambiente ne risente. È arrivato il momento di restituire qualcosa al terreno. La filosofia del nuovo impianto è quella di lasciare alla natura l’autonomia di fare il suo corso, perché nessuno può insegnarle come comportarsi e cosa è meglio per lei. Da qui appunto l’impiego di funghi micorrizici, cordone speronato e Piwi. Stiamo cercando di impostare il nuovo vigneto affinché nei prossimi 50 anni l’intervento dell’uomo sia ridotto al minimo”, continua.

Le prime produzioni si avranno dal 2026 e saranno vini “diversi”, assicura Pierpaolo, “probabilmente con lavorazioni nuove. Ma ora dobbiamo prima vedere il destino di quest’uva”.

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