Formaggi e casari 23 Set 2023 01:23

Il futuro della stracciata dell’Alto Molise, capolavoro della biodiversità invisibile, passa per giovani preparati e capaci

Il futuro della stracciata dell’Alto Molise, capolavoro della biodiversità invisibile, passa per giovani preparati e capaci

CAPRACOTTA – È tutta opera della “biodiversità invisibile” se la Stracciata a latte crudo di montagna – il migliore – prodotta in Altissimo Molise nei territori tra Agnone, Capracotta, Vastogirardi e Carovilli – terre alte della provincia di Isernia – è mèta ambita di ogni esploratore del gusto, apoteosi dell’arte della pasta filata fresca autoctona.

Una punta di eccellenza dell’alto artigianato alimentare locale che pure vanta fiordilatte, scamorze e caciocavalli di rara bontà, alcuni esclusivi come la Stracciata altomolisana che Virtù Quotidiane si accinge a raccontare.

Nata nell’ultimo secolo dalla crisi della pastorizia e sue contaminazioni, ma soprattutto dall’acume di un casaro della zona che ebbe il genio di modellare la pasta filata in forma piatta e lunga di modo che ben potesse allettarsi tra pane e prosciutto, cibo della festa , la Stracciata altomolisana è un prodotto con connotati peculiari ineguagliabili, figlia giovane della vocazione radicatasi nel territorio con i monaci benedettini di San Vincenzo al Volturno (Isernia) maestri nella filatura a mano della cagliata – la pasta filata viene “stracciata” in pezzi lunghi una sessantina di centimetri, ripiegata su se stessa e incartata per la vendita – abilità poi esportata nella vicina Campania ed esplosa nella produzione della mozzarella di bufala.

Un lascito intimamente intrecciato a ceppi microbici riconducibili alla transumanza secondo la suggestiva ipotesi della moderna ricerca scientifica a conferma di un legame invisibile ma ancora vivo con la civiltà pastorale.

Espressione di un terroir senza eguali per qualità e sostenibilità ambientale, accade oggi che la prelibata Stracciata bianco perlacea potrebbe diventare un lusso per pochi a fronte di una sempre minore produzione di latte locale: la montagna si spopola, manca la forza lavoro, le aziende zootecniche più anziane chiudono per mancanza di ricambio generazionale.

“Dobbiamo sostenere i giovani ad aprire nuove aziende, oppure a restare per portare avanti quelle dei loro genitori, altrimenti il latte locale diminuirà sempre più e se viene meno questa materia prima si rischia che la Stracciata non potrà più essere l’eccellenza assoluta che abbiamo conosciuto finora. Con il latte proveniente da altre zone sarebbe un buon prodotto ma non di più, verrebbe a mancare un elemento strategico di non poco conto per l’economia del territorio” avverte Giampaolo Colavita, docente all’Unimol, Università del Molise che negli ultimi anni ha condotto uno studio sulla biodiversità microbica, nell’ambito del Progetto per la Sostenibilità Ambientale e Qualità della Vita dell’Alto Molise.

Ricerca, prossima alla pubblicazione, commissionata dal Comune (capofila) di Capracotta e da estendere ai comuni limitrofi con l’intento di perseguire, su base scientifica, gli obiettivi della sostenibilità ambientale e della tutela della biodiversità nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne (Snai). Una sorta di marchio collettivo che certifichi l’alta qualità dell’aria, dell’acqua, del suolo, la spiccata biodiversità e quindi i prodotti identitari dell’Altissimo Molise come i formaggi, il tartufo re dei boschi molisani e le lenticchie di montagna (le “miccole”).

“Ma” rimarca lo specialista in materia di latte e derivati, “è fondamentale riuscire a mantenere quel minimo di produzione. Il latte locale sta diminuendo un po’ in tutta la regione. Per esempio qui dove vivo, a Sant’Elia a Pianisi (Campobasso) al confine con la Puglia, fino a pochi anni fa zona ricca di insediamenti zootecnici, ora le aziende si contano sulle dita di una mano. Negli ultimi 25 anni la situazione già critica è precipitata prima con la pandemia e poi con la guerra in Russia e Ucraina che ha dato una mazzata alle aziende primarie con l’aumento dei costi dei mangimi e dell’energia”.

Il professore, che insegna Igiene e Sicurezza degli Alimenti presso l’Università del Molise e l’Università di Teramo, continua: “Ai miei studenti dico sempre: la Stracciata dell’Alto Molise è l’eccellenza da prendere come riferimento, poi è anche giusto che nella scala di qualità ci siano altri prodotti perché non tutto può essere eccellente. Per la Stracciata di eccellenza è essenziale il latte crudo di montagna. Allo stesso modo sono indispensabili un siero innesto fatto bene (il “lievito madre” ricco di batteri lattici benefici che danno lo start alla acidificazione della cagliata, ndr) e la consumata arte del casaro”.

Perché, sottolinea “senza timore di smentita”, se fare il formaggio è un’arte, fare le paste filate è roba da artisti.

La differenza, nell’eccellenza, la fa poi la biodiversità della singola azienda, la personalizzazione, l’impronta data dal siero innesto e dalla manualità impiegata che distinguono un prodotto dall’altro e rendono più interessante la stessa esplorazione da parte del consumatore. “Che non significa più o meno buono, ma poter cogliere le diversità positive tra il prodotto di un’azienda e quello di un’altra” rivela lo scienziato molisano.

Dunque a rischio anche la produzione della Stracciata? Sicuramente sarebbe un motivo di cruccio per i cultori della buona tavola. Ma soprattutto per la comunità scientifica che in materia ha ben evidenziato confortanti motivi di consapevolezza verso cui indirizzare il futuro del territorio. I ricercatori dell’Università del Molise hanno appunto dimostrato che alcuni fermenti presenti nella Stracciata sono in grado di svolgere un’azione probiotica, salutare per il nostro organismo. In tal senso sono sempre più numerosi gli studi che mettono in evidenza come i prodotti lattiero-caseari tradizionali possono essere una fonte naturale di microrganismi che promuovono la salute. Basti pensare che in un grammo di Stracciata appena fatta ci sono da 1 a 10 miliardi di batteri lattici vivi.

Senza dimenticare l’effetto benefico dei pascoli di montagna ricchi di essenze erbacee e fioriture di primavera, che poi si rinnovano in tarda estate dopo le prime piogge. Si è visto infatti che nel latte e nella carne degli animali che ricevono un’alimentazione prevalentemente a base di foraggi e soprattutto di quelli al pascolo, aumenta la quantità degli omega-3 e si ha un giusto rapporto tra omega-3 e omega-6, molto importante da un punto di vista nutrizionale.

A conferma che nell’isolamento delle aree interne c’è ricchezza di vita naturale. Che nella marginalità c’è opportunità. È l’approccio sposato con convinzione dal primo cittadino di Capracotta premiato Borgo Weekend Award Green 2022 che con i suoi 1500 metri di quota rappresenta non solo il tetto dell’Appennino ma anche la cima del “quadrilatero lattiero caseario”, espressione coniata dallo stesso sindaco, Candido Paglione (nella foto in fondo), veterinario di lunga esperienza, il quale dopo la certificazione ambientale punta all’autosufficienza energetica del paese.

Capracotta, dove in bella controtendenza si registra una confortante rimonta nel numero di bovine da latte (circa 500 capi) e caseifici attivi, garanzia di filiera eccellente e “biodiversità invisibile” fuori da ogni pericolo.

Qui in vetta nella Svizzera d’Italia, Capracotta, adagiata tra Monte Campo e Monte Capraro, a portare avanti la produzione della mitica Stracciata e la lavorazione tradizionale del caciocavallo, è l’azienda agricola e caseificio della famiglia Pallotta, icona del territorio da tre generazioni. Le loro insegne, a Capracotta e Isernia, sono venerate dagli abitanti del posto, prese letteralmente d’assalto dai turisti amanti della montagna, segnalate dalle principali guide gastronomiche, ricercate dalle pizzerie gourmet. Dai Pallotta in piena estate e nelle festività la stracciata esce due volte al giorno, racconta a Vq Alberto Pallotta, 27 enne promettente mastro casaro con in tasca una laurea in scienze e tecnologie alimentari .

Alberto con fratelli e cugini rappresentano il futuro dell’attività di famiglia. Con lui il fratello Alessio di 22 anni, alberghiero ad Agnone, esperienza in Irlanda e poi nella cucina stellata della famiglia Tinari a Guardiagrele (Chieti) prima di buttarsi a capofitto nell’attività di famiglia; i cugini Luca, 32 anni e studi di economia e management, oggi responsabile dell’azienda agricola, e Gian Marco, 22anni e studi in corso all’Unimol.

“La prima lavorazione della stracciata inizia alle 6 del mattino ed è pronta entro le 9, la seconda inizia verso le 13 e pronta intorno alle 14.30” fa sapere Alberto. “Manca il latte? Noi abbiamo la fortuna di poter contare sull’azienda di proprietà per un buon 40%. La nostra famiglia ha investito negli anni con lungimiranza sull’apporto continuo di alcuni allevatori tra Capracotta e Agnone. Lavoriamo 44 quintali di latte al giorno di cui una quindicina prodotta dai nostri capi , 70-80 bovine di razza bruna alpina e pezzata rossa il cui latte si presta bene a questa particolare filatura per qualità dei grassi e proteine contenuti. Tutte le nostre lavorazioni sono a latte crudo, possiamo permettercelo potendo contare sulla purezza assoluta della materia prima, monitorata e certificata ogni quindici giorni dall’Istituto zooprofilattico”.

“Contiamo su giovani e capaci continuatori dell’arte di Agnone, Capracotta, Vastogirardi e Carovilli” chiude con voluto ottimismo il prof Colavita, “dobbiamo avere fiducia nella loro intelligenza e capacità, la politica deve fare le scelte giuste e creare condizioni per poter realizzare i loro progetti”.

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