“IL CASALE”, DAI VIGNETI DELLA VALLE DEL TIRINO IL NUOVO VINO DI CECILIA TORELLI
di Giorgia Roca

CAPESTRANO – Cecilia Torelli, giovane imprenditrice dalle mille risorse e titolare del ristorante La Malandrina di L’Aquila, ha inserito la passione per il vino tra le sue attività lavorative, scegliendo in modo oculato il sito dove avviare la produzione vinicola a cui ha dato nome “Il Casale”.
Stando a notizie risalenti all’Ottocento raccolte da agricoltori del posto, la struttura in località Vallone San Giacomo a Capestrano (L’Aquila) in origine era una piccola riserva di caccia di proprietà di due marchesi, tra cui tal Doralda Arduini.
Alle pendici di Monte Picca, nella Valle del Tirino, a 450 metri di altezza, un territorio da sempre prestato alla coltivazione del grano e dello zafferano: materie prime destinate allo scambio con il sale nella zona di Farindola. Inoltre l’area, immersa nel Parco Nazionale del Gran Sasso, in passato era protagonista per la produzione olearia, e i suoi vitigni disposti in modo trasversale e coltivati ad alberello.
La strada comunale che sfiora la tenuta, una delle tante mulattiere dell’epoca, collegava Bussi sul Tirino a Forca di Penne e si presume venisse sfruttata per il mercato nero.
Nei pressi del casolare c’è la fonte Montalto, raggiunta per l’approvvigionamento dell’acqua durante le azioni di brigantaggio nel periodo di dominazione del Regno delle Due Sicilie. L’ennesimo assedio, infatti, fece desistere i coloni dal gestire e mantenere attivo il casale, che lo abbandonarono definitivamente.
Tornando ai giorni nostri, l’intenzione di metter su un’azienda agricola ha mosso Cecilia per l’intero Abruzzo, decidendo di non allontanarsi troppo dal Gran Sasso e dalle sue escursioni termiche, e preferendo la zona di Capestrano, data anche la vicinanza al mare.
È il 2018 quando l’imprenditrice rileva il casale da Giovanni Cerasa, parente della proprietaria originaria che viveva in Canada, di cui porta avanti il progetto professionale. Il vigneto è attivo dal 2011 e ha una superficie di tre ettari, composti da Montepulciano vino di montagna, maestoso nel sapore, pieno, con un intenso profumo di sottobosco, in cui si possono riconoscere sfumature umide di mora, visciole e ciliegie; Trebbiano; Moscato; Malvasia e Merlot.
La vite segue il sistema di allevamento a Guyot. Dopo l’iniziale vinificazione per conto terzi e la conversione in biologico, Cecilia ha iniziato l’imbottigliamento con etichetta propria.
Il metodo di conservazione contempla sia il cemento che l’acciaio, e un determinato affinamento in botti di castagno e di ciliegio.
Per i vitigni di Montepulciano 2019, Montepulciano riserva, Trebbiano e Trebbiano riserva la fermentazione avviene in acciaio, mentre la fase di affinamento è differente per ciascuna tipologia di vino. In cemento per quattro mesi e in bottiglia per altri sei per il Montepulciano giovane; in botte per un anno e due anni in bottiglia è l’attesa del Montepulciano riserva; due mesi in acciaio per il Trebbiano giovane, e per la riserva un anno in acciaio e uno in bottiglia.
La produzione consta al momento di diecimila bottiglie e il lavoro svolto sin qui non sarebbe stato possibile senza la guida e il supporto di un agronomo di fiducia e del factotum Marco Rossi.
La vendemmia viene svolta interamente a mano selezionando i grappoli migliori. Le uve biologiche vengono coltivate senza l’aiuto di sostanze chimiche di sintesi e senza ogm. In cantina il lavoro fonde il metodo antico a quello nuovo: alle moderne attrezzature si affiancano vasche di acciaio, botti di cemento e di rovere, all’interno delle quali i vini trovano maturazione e si completano.
La politica abbracciata è quella di produrre vini biodinamici a fermentazione spontanea, nei quali è il lievito della pianta, naturalmente presente sulle bucce, a innescare la fermentazione, esaltando profumi e sentori del territorio.
Viene data particolare attenzione al calendario e alle fasi lunari, tanto da far dipendere da esse la potatura, la raccolta e altri processi produttivi.
Ad oggi la struttura è a servizio del vigneto ma tra un anno – questo almeno è l’obiettivo – sarà pronta per ospitare eventi, cerimonie, e chiunque volesse fermarsi a soggiornare in un’oasi di pace. Nascerà, infine, una naturale fusione con La Malandrina, che si trasferirà in loco per il pranzo.
“La mia volontà è sempre quella di rendere questo posto ecologico al 100% e lavorare rispettando l’ambiente rimarrà il mio obiettivo”, ammette Cecilia Torelli a Virtù Quotidiane.
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