Merano WineFestival 12 Nov 2024 00:58

“Andavamo in ginocchio da Tachis. Oggi manca il rispetto”. Jermann-Terzer, messaggio ai giovani da Merano Wine Festival

MERANO – Personalità che hanno contribuito a scrivere la storia dell’enologia italiana le cui figure spesso si incontrano anche dal punto di vista umano, attraverso legami che durano da decenni e spesso riescono ad andare ben oltre i rapporti professionali. Non a caso è stata chiamata “Intrecci di vite” la serie di esclusive masterclass organizzate al Merano Wine Festival, capace di affiancare fino ad anteporre narrazioni personali, a volte anche emotive all’analisi tecnica dei vini serviti.

Come nel caso di quella che ha visto protagoniste due icone altamente rappresentative delle zone più vocate della produzione dei vini bianchi italiani come Silvio Jermann, dell’azienda che porta il suo nome a Dolegna del Collio (Gorizia) e Hans Terzer, enologo enologo della Cantina produttori San Michele Appiano (Bolzano).

Dialogando con Marco Sciarrini, al castello principesco si è ripartiti da quando Gorizia faceva parte del Tirolo per spiegare un legame profondo che va ben oltre il vino che ha visto per anni le due regioni contendersi il primato dei bianchi, e ricordando come in cinquant’anni in Alto Adige il colore delle uve è passato da rosso a bianco. Stessa cosa è avvenuta nel Friuli Venezia Giulia di Jermann, che per decenni si è contesa il primato di regione bianchista per eccellenza proprio con la terra di Terzer, appena andato in pensione da San Michele ma di cui continuerà ad essere consulente anche perché, ha spiegato, ci sono giovani in gamba che si affacciano ma vanno accompagnati.

Quello delle nuove generazioni è stato un tema ricorrente dell’incontro. E se le parole che ha usato Jermann ricordando la decisione di cedere quote dell’azienda agli Antinori tradiscono una scelta sofferta, quelle di Terzer sono un monito: “Noi andavamo in ginocchio da personalità con Gianni Tachis. Oggi manca il rispetto!”, ha detto.

Una storia, quella di Jermann e Terzer che si intreccia sin da subito, con il primo che, insoddisfatto degli studi a Conegliano sceglie l’Agrario di San Michele Appiano entrando in contatto con un mondo molto diverso dal suo, fatto di contadini e artigianalità. In una regione che farà scuola per la cooperazione riuscendo ad affermare una forte identità che oggi il Collio sta ancora definendo.

Determinante, per Terzer è stato l’aver incentivato i piccoli produttori soci ad anteporre la qualità alla quantità, attraverso una premialità per le uve migliori. Un lavoro di stimolo verso i conferitori che “hanno capito che questo territorio è unico e bisogna proteggerlo”. Il sistema del maso chiuso, che non permetteva la vendita ma il passaggio di padre in figlio, ha infine garantito continuità.

“Un fenomeno unico che dell’Alto Adige invidio”, ha detto Jermann, “queste grandi cantine sociali esistono solo in questa regione. In Friuli invece siamo ancora legati alla piccola proprietà contadina, concentrata al massimo a valorizzare il proprio prodotto”.

La cucina, secondo il produttore friulano, è stata poi la chiave del successo: “Negli anni settanta e ottanta è stata una rivoluzione con la nouvelle cuisine, è cambiato il mondo del mangiare e del bere. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere dei precursori molto validi che ci hanno aperto una strada e abbiamo seguito”.

Il messaggio è chiaro: insistere e concentrarsi sulle vocazioni dei territori, scegliere i vitigni e concentrarsi su quelli senza esagerare con le tipologie. (m.sig.)


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