A Margherita di Savoia il mare si “divide” per la pesca delle seppie. La tradizione rievocata con i pescatori che soffrono per cambiamenti climatici e mancato ricambio generazionale
di Serena Leo
MARGHERITA DI SAVOIA – Si chiama “Spartizione del mare” e da secoli avviene sempre a marzo ai piedi del Gargano, a Margherita di Savoia (Barletta-Andria-Trani). A dividersi una certa zona del mare locale sono i pescatori che, attraverso un’estrazione, si aggiudicano 500 metri in cui possono pescare tranquillamente le loro seppie, il tutto con una dovuta autorizzazione ufficiale rilasciata da un comitato di esperti. Protagonista di questa sorta di contesa è la seppia, tipicità del mare margheritano dai fondali bassi e sabbiosi, che le conferisce una grande salinità.
Il disciplinare di questa divisione – attiva fino al 2010 – è bello fitto e accaparrarsi il pezzo di acqua in cui pescare, in passato, non era per niente semplice. Una commissione composta da pescatori, autorità locali e portuali, ma soprattutto da un geometra, procedeva a valutare le zone da dividere, dalla migliore a quella più o meno complicata da gestire, creando dei veri e propri rettangoli di dimensioni variabili a seconda del numero dei concorrenti dell’anno.
All’interno di questi letti d’acqua poteva muoversi ciascun equipaggio esercitando pesca in esclusiva solo per le seppie. Queste zone riservate sono ritagliate in un fascia di mare che va dalla foce del fiume Ofanto a Torre Pietra e si protende verso il largo per 800 metri.
“La pesca delle seppie nel Golfo di Manfredonia ha origini antiche. Sono stati ritrovati documenti risalenti almeno al periodo medievale – racconta Antonio Capacchione, presidente di Asba (Associazione stabilimenti balneari) – . Qui le seppie sono così famose tanto da dare il nome all’antica Siponto (Manfredonia) che insieme ad Arpi (Foggia) e Salapia (Margherita di Savoia) costituivano le tre più importanti città della Daunia preromana”.
“Questo tipo di pesca – aggiunge Capacchione – consta di un cerimoniale dalle varie fasi, anche di quelle propedeutiche alla pesca vera e propria. La divisione del mare quindi, è un evento esclusivo, tanto che nell’intera marineria peschereccia italiana, la pesca delle seppie nel Golfo di Manfredonia è l’unica ad avere una normativa ferrea”.
Nel territorio la pesca delle seppie è regolamentata da un Regio decreto del 1928 ed è stata abrogata nel 2010, quindi da quel momento la cerimonia è puramente rievocativa e nessuno ha più problemi nell’invadere questa o quella zona, anche perché di barche ce ne sono meno. Infatti se ne contano solo 20, con poche famiglie che continuano a vivere di pesca. Le nuove generazioni non ci pensano proprio a restare qui e a continuare il mestiere “di famiglia”.
Diversi sono i pescatori che hanno dato ai propri figli la possibilità di optare per mestieri differenti, ma sempre legati al mare. Chi si è arruolato in marina, chi invece, ha scelto la carriera da cuoco, chi altro. Insomma, in barca sono in pochi a salirci ancora.
Si chiedono interventi delle istituzioni, incentivi a riprendere questo genere di attività, non sempre premiante. A lamentarsene sono i pescatori di una volta, quelli che oggi hanno tirato i remi in barca e si godono la pensione. Proprio come Sabino Lamonica che, con rammarico, nota una situazione in netto peggioramento e che porterà alla desertificazione delle coste margheritane.
Un mestiere, quello del pescatore, che risente anche del clima in mutamento: “Siamo ancora fermi a causa delle condizioni meteo non favorevoli per la pesca della seppia che necessita di un mare caldo, cosa che non si è rivelata quest’anno. Infatti è stato toccato lo zero termico che non ci ha permesso di svolgere le nostre attività. Speriamo in marzo”, rivela il pescatore Vincenzo Valerio commentando l’annata di pesca e, con la speranza che i prossimi giorni la condizione cambi, si appresta a organizzare le sue prossime battute di pesca, ogni anno sempre più incerte.
Il comandante della Capitaneria di Porto di Barletta Antonino Indelicato ha infine spiegato come “oggi si parla di piani di gestione per la sostenibilità dell’attività di pesca, quindi un’iniziativa del genere, seppur disciplinata in modo diverso, trova ancora attuazione nella norma della pesca anche a livello locale”.
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